Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo aver sentito i Presidenti dei due rami del Parlamento, ai sensi dell’articolo 88 della Costituzione, ha firmato il decreto di scioglimento del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, che e’ stato controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

Subito dopo, il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti, si e’ recato dai Presidenti del
Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati per comunicare il provvedimento di scioglimento delle Camere.

Approvati bilancio e finanziaria nazionale e ormai affossata la legge sullo Ius Soli questa tormentata legislatura volge al termine. Hanno inizio dunque le operazioni pre-elettorali.

Si tratterà di una fine di poco anticipata della legislatura rispetto alla scadenza naturale, prevista il prossimo 14 marzo. Ma la legge dà la facoltà al Presidente della Repubblica di scegliere quando sussistano le condizioni per lo scioglimento.

Successivamente, Mattarella riceverà nuovamente Gentiloni, probabilmente insieme al ministro dell’Interno, Marco Minniti, per firmare il decreto di indizione delle elezioni, con il quale, dopo la relativa decisione del Consiglio dei ministri, verrà fissata anche la data della seduta inaugurale delle nuove Camere, che in base all’articolo 61 della Carta dovrà svolgersi non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. Si voterà il 4 marzo del prossimo anno come confermato dal decreto di indizione dei comizi firmato dal Premier Gentiloni subito dopo lo scioglimento e quindi la diciottesima legislatura dovrebbe iniziare venerdì 23 marzo.

Al voto i cittadini dovranno essere chiamati non prima del quarantacinquesimo giorno a partire dalla pubblicazione del decreto di fissazione dei comizi elettorali e non oltre il settantesimo dallo scioglimento delle Camere.

Durante il procedimento che porterà alla fine della legislatura e all’inizio del percorso elettorale non è obbligatorio che il presidente del Consiglio si rechi, dimissionario o meno, dal Capo dello Stato. Quindi Gentiloni potrà rimanere in carica non solo per gli affari correnti, a maggior ragione se non presenterà le dimissioni, che comunque potrebbero essere sempre respinte lasciando il Presidente del Consiglio nei suoi pieni poteri.