La variante britannica del coronavirus ha subito un’altra mutazione. È stata chiamata E484K ed è la stessa trovata nelle varianti brasiliana e sudafricana del SARS-CoV-2.

Come riportato su IFLSciences.com, un rapporto pubblicato questa settimana dal Public Health England (PHE) ha notato che la mutazione della proteina spike E484K, trovata nelle varianti brasiliana e sudafricana, è stata rilevata in almeno 11 sequenze di varianti del Regno Unito e che «informazioni preliminari suggeriscono più di un evento di acquisizione».

In altre parole, una mutazione sembra essere emersa separatamente su una variante britannica del coronavirus.

Le mutazioni rappresentano una parte naturale del ciclo di vita di un virus e, nel corso della pandemia, ci sono state migliaia di varianti del SARS-CoV-2, la maggior parte delle quali si sono rilevate innocue.

Tuttavia, la variante britannica è problematica perché presenta una mutazione prominente – nota come mutazione N501Y – sulla sua proteina spike, la parte del virus utilizzata per entrare nelle cellule ospiti e il sito bersaglio della maggior parte dei vaccini.

Le varianti brasiliane e sudafricane contengono questa mutazione N501Y insieme a quella E484K sulla sua proteina spike. Ora, sembra che anche un piccolo numero di varianti del Regno Unito in circolazione abbiano rilevato questa mutazione E484K.

Il dottor Jonathan Stoye (Francis Crick Institute) ha spiegato: «La mutazione E484K è stata identificata in una piccola frazione di virus portatore di differenze di sequenza che definiscono la variante britannica. Ciò suggerisce che la variante britannica stia adesso acquisendo in modo indipendente la modifica E484K».

Perché è preoccupante? Perché si ritiene che l’E484K sia la principale mutazione che influisce sull’efficacia del vaccino. Ad esempio, un recente studio sul vaccino Novavax ha rilevato che è efficace all’85,6% contro la variante britannica ma solo al 60% circa contro la variante sudafricana.

Julian Tang, professore all’Università di Leicester (Regno Unito) ha spiegato che la nuova mutazione «potrebbe essere dovuta alla ricombinazione con una delle varianti del virus sudafricano / brasiliano che potrebbe aver co-infettato la stessa cellula – come vediamo con diversi virus influenzali – ma questo è più raro con i coronavirus».

«Quindi – ha proseguito l’esperto – questo potrebbe essere più probabile che sia derivato da una selezione / evoluzione naturale convergente / parallela all’interno della popolazione umana mentre il virus si adatta a questo nuovo ospite: i virus possono evolversi solo attraverso la replicazione continua».

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