Liliana Segre, senatrice a vita, presiede la prima seduta d’Aula del Senato, durante la quale sarà eletto il nuovo presidente, cioè Ignazio La Russa: il centrodestra ha trovato l’accordo.

Prima di dare il via libera alla chiama, Liliana Segre ha letto un messaggio del presidente emerito Giorgio Napolitano e poi ha esordito così: “Desidero esprimere a tutte le senatrici e i senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare ai quali ho dedicato larga parte della mia vita”.

“Qui 100 anni dopo la Marcia su Roma”

“In questo mese di ottobre – ha detto la senatrice 92enne – nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica. E il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziali a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato”.

Guerra in Ucraina

Liliana Segre ha affermato: “Incombe su tutti noi in queste settimane l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore…una follia senza fine. Mi unisco alle parole puntuali del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: ‘La pace è urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino'”.

“Stop alla politica urlata”

E ancora: “Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una politica ‘alta’ e nobile, che senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza”.

“Ancoriamoci alla Costituzione”

“In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti. Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica. In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi”, ha detto la senatrice.

“Naturalmente anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all’art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi – fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice”, ha aggiunto.

“Le istituzioni sono di tutti”

Liliana Segre ha pure detto: “Le elezioni del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte. E il popolo ha deciso. È l’essenza della democrazia. La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell’interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti”.

Le festività

“Le grandi nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria. Perche’ non dovrebbe essere cosi’ anche per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date ‘divisive’, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 aprile festa della Liberazione, il primo maggio festa del lavoro, il 2 giugno festa della Repubblica? Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi”, ha detto la senatrice.

 

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