Se dovessimo utilizzare un luogo comune per descrivere la carriera di Claudio Ranieri, il più adeguato sarebbe certamente immedesimarsi nel ragazzino più cicciottello della classe durante il primo quarto d’ora della lezione di educazione fisica (chi scrive ha vissuto sulla sua pelle il tragicomico momento della composizione delle squadre ed esprime solidarietà a chi preferisce la mortazza alla pallavolo).
Claudio, infatti, lungo la sua trentennale carriera da allenatore, forse, non è mai stato apprezzato a pieno:  perchè nel mondo del calcio prima si chiamano i più forti, ed è lecito; poi in successione i più carismatici, i più attraenti ed i più simpatici, è questo è decisameten meno lecito. Solo dopo, al termine di questa sfilata, tocca a Claudio, il nostro tondeggiante ragazzo, che magari è anche più bravo di quello col capello lungo e la sciarpa, ma poi chi le sente le ragazzine?
Così inizia la partita, gli applausi spontanei di certo non arrivano subito per il nostro eroe, ma se dovesse segnare il punto decisivo saremo pronti a dimenticarci pure il panino col salame che ha nascosto vicino al palo della rete: sarà per sempre il nostro campione!
Così accade che Claudio Ranieri, 65 anni di cui almeno 50 passati sul campo di gioco, nel rettagolo verde o in panchina, riceve quei meritati applausi solo dopo aver messo a segno il punto della vittoria, un colpo così difficile che è impossibile che passi inosservato.
Vincere la Premier League a Leicester con una rosa di ex liberi professionisti, che hanno raggiunto la salvezza all’ultima giornata lo scorso anno e che “valgono”, citando transfermakt.it, meno della metà di compagini come Chelsea, Manchester City e United, Liverpool, Arsenal o Tottenham, è davvero un’impresa che resterà agli onori della cronaca calcistica per anni e anni e che difficilmente sarà ripetibile.
Non perde tempo il sistema calcio italiano, e non solo se consideriamo i rapidi tweets di elogio di alcune delle figure più influenti della nostra società ad iniziare dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, per osannare senza vergogna e con fierezza il nostro concittadino.
La 6ª edizione del premio Bearzot, assegnato oggi a Ranieri dall’Us Acli col patrocinio della FIGC,  è l’ultima delle tante attestazioni di stima. Peccato che larga parte della Serie A di vertice ( Milan escluso )  ha denigrato e snobbato il lavoro dell’allenatore romano.
Perchè chi era Claudio Ranieri fine un mese fa? Era forse il vincitore della Supercoppa Europea del 2004? Della promozione dalla C alla A del Cagliari di inizi anni 90? Dei successi con Fiorentina e Monaco o forse l’unico allenatore tra la Serie B e l’era Conte capace di portare la Juventus in Champions League dopo il ritorno in Serie A?
Nulla di tutto questo. Trenta giorni fa Sir Claudio, per alcuni, era semplicemente un allenatore da secondo posto, reduce dalla brutta performance in nerazzurro ( scaricato per il più giovane Stramaccioni ), da quella quella pessima come commissario tecnico della Grecia e delle anonime gestioni di Napoli e Atletico Madrid.
Ma anche il tecnico che è riuscito a salvare il Parma dalla Serie B ed ha rischiato di vincere un incredibile scudetto con la Roma, contro l’Inter di Mourinho, prima di essere scaricato dalla società giallorossa.
Menomale che, tra le macerie, emergono di tanto in tanto quegli esempi come Ranieri, che ci ricordano i fasti della scuola italiana ormai lontana nel passato. DILLY DING DILLY DONG GUYS, IT’S TIME TO WAKE UP!
A cura di Carlo Castiglione