Una vicenda iniziata alla fine degli anni Novanta ha trovato una soluzione definitiva solo dopo oltre due decenni. È quanto accaduto al contenzioso tra Tim e lo Stato italiano sul canone concessorio del 1998, una disputa che ha attraversato governi, riforme e gradi di giudizio.

La Corte di Cassazione ha ora messo la parola fine a una delle controversie più lunghe e rilevanti del settore delle telecomunicazioni. La decisione conferma la restituzione a Tim di una somma che, tra capitale, rivalutazione e interessi, supera il miliardo di euro.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha sciolto ogni riserva sul ricorso presentato dallo Stato, rigettando l’istanza e confermando in via definitiva la sentenza della Corte d’Appello di Roma dell’aprile 2024. La Suprema Corte ha dunque stabilito che il canone concessorio richiesto a Tim per l’anno 1998 non era dovuto nei termini in cui era stato preteso.

Secondo indiscrezioni emerse nelle ore precedenti alla comunicazione ufficiale, l’orientamento dei giudici appariva già chiaro. La sentenza ha ora formalizzato una decisione che chiude un contenzioso durato oltre vent’anni.

La nota ufficiale di Tim

Tim ha diffuso una comunicazione formale nella quale rende noto l’esito del giudizio. Nella nota si legge che la società ha ricevuto comunicazione, in data odierna, “in merito alla sentenza della Corte di Cassazione che conferma la restituzione del canone concessorio preteso per il 1998, chiudendo così un contenzioso durato oltre 20 anni”.

Il comunicato prosegue spiegando che la sentenza della Cassazione “rigetta infatti il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e conferma in via definitiva la decisione della Corte d’Appello di Roma dell’aprile 2024”.

Tim sottolinea inoltre l’entità complessiva della somma dovuta, specificando che “la somma dovuta è pari al canone originario, di poco superiore a 500 milioni di euro, più la rivalutazione e gli interessi maturati, per un totale di poco superiore a 1 miliardo di euro”.

Il ruolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri

La Presidenza del Consiglio dei Ministri era parte ricorrente nel giudizio di legittimità. L’Avvocatura dello Stato aveva presentato ricorso contro la decisione della Corte d’Appello di Roma, che già nel 2024 aveva dato ragione a Tim.

La Cassazione ha tuttavia respinto integralmente le argomentazioni del ricorso, consolidando un orientamento che rafforza la posizione dell’operatore telefonico.
La decisione definitiva implica che lo Stato dovrà procedere alla restituzione delle somme dovute secondo quanto stabilito dai giudici.

Il canone del 1998: perché è nato il contenzioso

Il contenzioso ha origine nel 1998, in una fase di profonda trasformazione del settore delle telecomunicazioni italiane. In quegli anni il sistema dei canoni concessori era oggetto di interpretazioni controverse, legate al passaggio da un regime di monopolio a un mercato liberalizzato.

Tim, allora principale operatore nazionale, aveva versato allo Stato un canone ritenuto successivamente non dovuto nei termini richiesti. Da qui l’avvio della lunga battaglia legale, che ha attraversato diversi gradi di giudizio e differenti assetti normativi.

L’impatto economico della decisione

La somma complessiva dovuta a Tim comprende il canone originario, pari a poco più di 500 milioni di euro, oltre a rivalutazione e interessi. Il totale supera di poco il miliardo di euro, una cifra rilevante sia per le finanze pubbliche sia per il bilancio dell’azienda.

FAQ

Che cosa ha deciso la Corte di Cassazione?
Ha confermato la restituzione a Tim del canone concessorio richiesto per il 1998.

A quanto ammonta la somma complessiva?
A poco più di un miliardo di euro, comprensivi di rivalutazione e interessi.

Chi aveva presentato il ricorso?
La Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La decisione è definitiva?
Sì, la sentenza della Cassazione chiude il contenzioso.

Quando era iniziata la disputa?
Nel 1998, anno a cui si riferisce il canone contestato.