The Border Line UKR è il viaggio fotografico che racconta il dramma dei profughi che scappano dalla guerra in Ucraina. E’ un progetto tutto siciliano, un volume fotografico realizzato da Gabriele Campanella, Guglielmo Brancato e Dario Cangemi, per i tipi di Edity. Campanella e Brancato sono stati ospiti di Talk Sicilia, il salotto social di BlogSicilia, diffuso anche sul digitale terrestre, grazie a Video Regione (canale 16, in procinto di passare al canale 14 al completamento dello switch off in Sicilia).

The Border line, un viaggio alla ricerca di quel che resta dell’umanità

Gli autori hanno raggiunto l’Ucraina, attraversando il confine dalla Polonia, proprio nelle prime settimane del conflitto tra Kiev e Mosca.  Il volume The Border Line è la prima tappa di un progetto che vedrà gli autori impegnati nella realizzazione di un documentario che racconti il dramma della guerra in Ucraina.

Così Gabriele Campanella, ha raccontato le sue emozioni ai microfoni di Talk Sicilia. “Noi siamo arrivati il 10 marzo e il 10 marzo è stato anche il primo giorno di riprese e di scatti fotografici”. Campanella riflette su emozioni dal sapore diametralmente opposto. “La situazione che abbiamo trovato la situazione era sicuramente drammatica dal punto di vista umanitario, ma allo stesso tempo abbiamo visto una solidarietà e un livello di organizzazione e di supporto che ci ha davvero riscaldato il cuore”.  “A chi mi chiede cosa mi abbia lasciato questa esperienza, dico sempre che mi ha fatto ritrovare fiducia”. Oltre al dramma di chi fuggiva dalla guerra, la cifra emotiva raccolta nelle foto e nelle immagini è quella -spiega Campanella – ” di esseri umani pronti a dare solidarietà gratuita. Si è creata un’empatia  straordinaria  tra volontari e rifugiati è straordinaria”.

L’abbraccio tra rifugiati e volontari

“Le immagini che abbiamo raccolto raccontano davvero ciò che è la realtà. Appena passato il confine, ci sono questi rifugiati ucraini che letteralmente si lanciano tra le braccia dei questi volontari, che sono riconoscibili  dal tipico giubbotto. Ci sono immagini fortissime, che raccontano l’abbraccio tra due sconosciuti. Sono elementi che racchiudono, secondo me, l’essenza di questo dramma umano, della fuga, della ricerca, di una sicurezza che può essere appunto anche soltanto un pasto caldo, un biscotto, un cioccolatino dato al figlio, al bambino, un letto caldo dove dormire la sera. Ci sono immensi campi profughi, ma lì non ci è stato permesso entrare con le camere. Sono dei centri commerciali svuotati, pieni di migliaia e migliaia di brandine dove finalmente, dopo giorni di traversata al freddo in Ucraina, chi è fuggito si riesce finalmente a difendere dal freddo”.

Leopoli, il padre che dice addio al figlio di due anni

Dal racconto di Guglielmo Brancato, invece, esplode in tutta la sua evidenza il dramma delle separazioni “necessarie”. “A Leopoli abbiamo ripreso, con discrezione il dramma di una famiglia che stava per separarsi. Una madre stava per portare via il figlio per metterlo in salvo. Il padre, un uomo di vent’anni più grande di me, ha preso in braccio il suo bambino di due anni. Lo ha stretto a sè e lo ha fissato negli occhi.  Poi, dopo averlo tenuto in braccio, l’uomo ha messo il bambino a terra e  si è allontanato con grande freddezza. Quando il bimbo è salito in macchina e l’auto è partita, quell’uomo era lì, fermo, attonito”.

 

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