La Corte d’Assise di Napoli ha emesso una sentenza di condanna all’ergastolo per Antonio Martone, chef di bordo, accusato dell’omicidio del fratello Domenico avvenuto l’anno scorso a Sant’Antonio Abate (Napoli).

La vicenda è stata definita come una tragica ripetizione della storia biblica di Caino e Abele. Il verdetto è stato riportato da Il Mattino, che ha dettagliato il processo e il ruolo chiave del pubblico ministero Emilio Prisco, il quale ha insistito sulla pena massima, evidenziando la mancanza di segni di ravvedimento da parte dell’imputato.

Le Accuse e la Ricostruzione degli Inquirenti

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Antonio Martone avrebbe orchestrato l’omicidio del fratello Domenico bruciandone il corpo per incassare i soldi delle polizze assicurative che lui stesso gli aveva fatto firmare. La tragica scoperta del cadavere semicarbonizzato di Domenico Martone avvenne in una strada di campagna nei pressi di Lettere il 30 marzo 2022. Il pubblico ministero ha sottolineato la mancanza di qualsiasi segno di pentimento o confessione da parte dell’imputato nel corso del processo.

Le Ricerche Online Come Prova

Un elemento chiave nel processo è stata l’analisi delle ricerche online effettuate da Antonio Martone, che hanno gettato luce sulla sua presunta intenzione criminale. Le ricerche su Google effettuate già nel 2021 e proseguite fino alla settimana successiva all’omicidio includevano termini come “assicurazione sulla vita in caso di assassinio”, “uccidere senza sospetti”, “quanto tempo impiega assicurazione a pagare”, e dopo l’omicidio, “dove si acquisisce il certificato di morte” e “perché quando una persona è morta non si accende il fuoco”. Questi dettagli hanno contribuito a consolidare la tesi accusatoria.