La Procura di Roma ha contestato al noto critico d’arte e sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, l’accusa risale a un episodio avvenuto nell’ottobre del 2020 e riguarda un debito con l’Agenzia delle Entrate di circa 715 mila euro.
La vicenda dell’asta e l’opera di Vittorio Zecchin
Tutto avrebbe avuto inizio nell’ottobre del 2020, quando Vittorio Sgarbi partecipò a un’asta d’arte. Il sottosegretario, però, nega di aver partecipato all’asta e di aver effettuato l’acquisto. L’oggetto dell’asta era un’opera d’arte di Vittorio Zecchin, aggiudicata per circa 148 mila euro. La questione centrale sta nel fatto che, secondo la Procura di Roma, l’opera non sarebbe stata effettivamente acquistata dalla fidanzata di Sgarbi, come dichiarato, ma dallo stesso Sgarbi.
L’ex sindaco di Salemi, in una nota, ha affermato che si tratta di una “sequela di bugie” che procurano “un grave danno reputazionale mio e di tutti gli altri soggetti citati, accomunandoli a ipotesi di reato che, in quanto fondate su presupposti falsi, configurano una grave calunnia per la quale, adesso, si renderà necessaria anche una denuncia alla Procura della Repubblica”. In una lunga nota il sottosegretario ha accusato il quotidiano di riportare “integralmente le ricostruzioni diffamatorie e calunniose di una lettera anonima inviata a istituzioni e giornali attraverso la violazione fraudolenta di due account di posta elettronica in uso alla mia segreteria, rendendosi così complice delle falsità in essa contenute spacciandole per ‘fatti’, getta discredito sul mio operato e su quello dei miei collaboratori, con irreparabile pregiudizio sotto il profilo professionale e umano”.
Sgarbi ha anche negato la possibilità di dimettersi da sottosegretario alla Cultura.
L’accusa di sottrazione fraudolenta al pagamento
Il reato contestato a Vittorio Sgarbi è quello di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, un atto gravemente illecito in materia fiscale. Tale reato è previsto dall’articolo 11 della legge 74 del 2000, che dice: “È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”.
La reazione di Giorgia Meloni
Giorgia Meloni approfondirà la vicenda legata a Sgarbi, poi deciderà sul da farsi. Lo si apprende da fonti di governo. Il presidente del Consiglio esaminerà il dossier e poi valuterà.
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