Arriva nuovo ossigeno per le casse regionali. Duecento milioni quest’anno di “una tantum” come forma di “ristoro” per gli svantaggi finanziari che la Sicilia è stata costretta a subire per la mancata attuazione di alcune ‘partite’ statutarie, ma soprattutto l’impegno del Mef a garantire alla Regione 650 milioni di euro a regime, a partire dal 2023, per sanare la “vertenza” riguardo al mancato versamento da parte dello Stato di una parte delle accise petrolifere come compensazione per l’aumento della compartecipazione della Regione alla spesa sanitaria, che nel 2007 fa passò dal 44,8 al 49,11 per cento.
Con l’accordo di fine anno firmato tra Stato e Regione – che però viene contestato dalle opposizioni che parlano di intesa al ribasso – il governo Schifani punta a chiudere una partita aperta da tempo e finora mai risolta.

La trattativa sulla compartecipazione sanitaria

Era stato Gaetano Armao, ex assessore all’Economia nel governo Musumeci, ad accelerare la trattativa sulla compartecipazione sanitaria: lo scorso aprile il tavolo tecnico Mef-Regione aveva quantificato in 650 milioni all’anno la somma dovuta dallo Stato alla Sicilia per quell’aumento non compensato con il versamento di parte delle accise. Moltiplicata per i 15 anni intercorsi dall’aumento della compartecipazione, la scorsa primavera si era parlato dunque un ipotetico credito che avrebbe potuto vantare la Sicilia di oltre 9 miliardi di euro. Di quel pregresso comunque non ci sarebbe alcuna traccia nei verbali dei tecnici del Mef, che con la Regione avevano invece quantificato in 650 milioni annui i 4,31 punti in meno di spesa sanitaria rivendicati dalla Regione.

Sammartino: “Svolta per il bilancio della Regione”

Per il vice presidente della Regione, Luca Sammartino, “l’accordo con lo Stato rappresenta una svolta per il bilancio della Regione”. Si vedrà il prossimo anno in che forma il governo Meloni assegnerà alla Regione i 650 milioni.

Cateno De Luca non ci crede

Ma l’esponente di Sicilia Vera Cateno De Luca non ci crede “Mentre taluni esponenti fantasticano e magnificano un ipotetico accordo con il MEF, l’unico dato certo, formalmente non ancora definitivo (in attesa del Senato), è quello contenuto nella legge di bilancio: 200 milioni nel 2022 (emendamento del governo all’art. 38) e una ipotesi di rientro dal deficit in dieci anni contenuta nell’art. 146 della stessa legge approvata stamattina alla Camera. In quest’ultima norma si prevedono anche i sacrifici che i siciliani dovranno fare per la contrazione della spesa regionale derivante dal rispetto di tali impegni. Il resto è propaganda per tentare di vendere come salvifico un accordo al ribasso per non dire autolesionista” sostiene.

“L’altra cosa certa è il contenuto dell’accordo Stato-Regione del 14 gennaio 2021 che prevede anni una drastica riduzione della spesa corrente per un totale 1 miliardo 740. Somma quest’ultima che rappresentava già la riduzione prevista a decorrere dall’anno 2021. Sarà importante adesso verificare se già per gli anni 2021 e 2022 la riduzione delle spese correnti è stata realmente conseguita” continua. “Noi siamo fermamente convinti che Schifani non abbia tenuto conto della riduzione prevista per l’anno 2023 nella delibera di giunta con la quale ha approvato il bilancio e la legge di stabilità tanto decantata dall’assessore Falcone. In definitiva siamo di fronte a dei dilettanti allo sbaraglio che stanno svendendo la Sicilia agli interessi romani non rendendosi conto che si tratta di un cappio che farà saltare definitivamente l’amministrazione della regione siciliana causando anche la perdita dei miliardi assegnati dal Pnrr”.

Il piano di riduzione dei costi

“Ma c’è di più. Il punto 6 dell’accordo Stato Regione prevede l’espressa decadenza se non si mantiene il piano di riduzione dei costi così come si evince dal testo della stesura attuale ‘In caso di mancata attuazione degli impegni di cui ai punti 1 e 2 tenendo conto della flessibilità ivi prevista, viene meno il regime di ripiano pluriennale del disavanzo di cui al comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019 e trova applicazione il regime ordinario previsto dall’articolo 42 del decreto legislativo 23 giugno 201 1, n. 1 18. La facoltà di cui al ripiano pluriennale del disavanzo di cui al comma I dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019 viene meno anche a seguito della mancata trasmissione della certificazione’. È chiaro dunque che si sta cercando di far passare a tutti i costi per conveniente un accordo che in realtà nasconde molteplici insidie per la Regione”.

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