I grani antichi siciliani rischiano di scomparire, soppiantati da quelli moderni provenienti nella nostra Isola dai paesi stranieri.
Le varietà Perciasacchi, Russello, Senatore Cappelli, Nero delle Madonie, Tumminia e Maiorca, coltivati per molto tempo dagli appassionati, hanno dovuto fronteggiare la crisi determinata dalla globalizzazione dei mercati: l’introduzione di grani mutati geneticamente e più commerciabili, che presentavano minori esigenze nella coltivazione, hanno preso piede come il grano “Creso”.
Come scrive Madonie Notizie in un lungo articolo sull’argomento, la coltivazione dei grani autoctoni siciliani è stata via via abbandonata perché soppiantata dai nuovi grani imposti dalla normativa comunitaria, sempre più iperproteici nonostante siano in aumento, nei consumatori, allergie ed intolleranze di ogni tipo. Il pane e la pasta che mangiamo sono dunque prodotti con grani esteri a basso costo, e la nostra salute di certo non ci ringrazia.
Secondo i dati forniti ancora a Madonie Notizie dall’Agenzia delle Dogane, nel 2015 il nostro Paese, ha importato attraverso i porti di Palermo, Siracusa, Pozzallo e Catania 96 milioni e 571 mila kg di grani provenienti dall’Ucraina, dalla Russia, dal Canada e dagli Usa e Portorico.
Nel 2016, nei dati forniti fino a ottobre, sono arrivate 72 milioni e 708 mila kg da Canada, Moldavia e Russia. I porti di Siracusa e Pozzallo ha visto transitare 126 milioni e 574 mila kg dal Canada e 5 milioni e 942 mila dalla Russia.
Come si legge in un comunicato-denuncia diffuso dall’eurodeputato Ignazio Corrao del Movimento 5 stelle di recente “i grani canadesi possono entrare nel territorio siciliano senza problemi. Forti anche di regole a loro favore. Per esempio in Canada il tetto massimo per le micotossine (1000 ppb) pericolose per la salute è più basso rispetto all’Europa (1750 ppb). La conseguenza è che se c’è un carico di frumento canadese con un valore di micotossine di 1500 ppb, perché magari ha nevicato o piovuto, i canadesi decidono di salvaguardare sé stessi e quel frumento non lo possono dare neppure agli animali. Così lo caricano in mare diretto verso l’Italia: alla fine ce lo prendiamo noi perché abbiamo un tetto più alto. Succede anche che se il Canada dovesse mettere in vendita frumento con una soglia maggiore anche rispetto all’Italia, per esempio 2000 ppb, l’Italia lo acquista lo stesso. La soluzione adottata nel nostro Paese è semplice, il prodotto entra in Italia, viene portato nei centri di stoccaggio, viene mescolato con frumento siciliano per dimezzare il valore delle micotossine ed il gioco è fatto. Valori entro il tetto massimo”.
Eppure, la produzione dei grani antichi siciliani potrebbe riprendere. Per ottenere l’autorizzazione alla commercializzazione di queste varietà dall’Unione europea, La Regione siciliana dovrebbe attivare un protocollo scientifico che riporti, dati alla mano, la bontà dei prodotti e la loro idoneità alla commercializzazione, poi, l’Ue valuterà tali dati.
Secondo Corrao ciò la Regione sta perdendo troppo tempo su questo versante: “Oggi in Sicilia, nel 2015, sono stati seminati a grano duro circa 290.000 ettari, ma di questi solo qualche migliaio sono coltivati a grani antichi”.
Phil Hogan, commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, afferma che per poter essere commercializzate, le varietà devono essere registrate come varietà da conservazione. In Sicilia solo 3 varietà su 52 sono registrate. Si tratta del grano tenero “Maiorca”, e i grani duri “Timilia” e “Stracciavisazzi”.
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