E’ sempre alta la tensione allo Zen a Palermo. Prima un feroce pestaggio, poi le fiamme date alla baracca nella quale abitava in via Gino Zappa, che hanno inghiottito la struttura e ucciso il cane, rimasto bloccato all’interno.

Il clima tra i casermoni dello Zen si fa sempre più pesante, tanto che dopo i tanti e diffusi avvertimenti dei giorni scorsi si è arrivati a un tentato omicidio: l’uomo, infatti, dopo essere stato picchiato, sarebbe riuscito a scampare alle fiamme che hanno inghiottito la baracca grazie alla sua prontezza di riflessi. La vittima designata è finita in ospedale con traumi alla testa e lesioni sul corpo, ma sarebbe fuori pericolo di vita.

Dopo l’incendio che aveva distrutto una macelleria – in precedenza saccheggiata – sempre in via Gino Zappa e l’ennesima agenzia di scommesse bruciata in via Ignazio Mormino, senza tralasciare l’incendio a un’automobile in via Adamo Smith, fuoco e violenza colpiscono di nuovo. Cosa possa aver scatenato la violentissima aggressione è ancora al vaglio degli investigatori. Tra le piste seguite dalla Squadra mobile, che tenta di dare un movente alla lunga scia di violenze, c’è anche quella di una faida tra le strade dello Zen: una guerriglia tra famiglie per il controllo dello smercio di stupefacenti e del gioco d’azzardo illegale, da sempre grande fonte di guadagno per le cosche. I proventi del commercio della droga vengono reinvestiti nella macchina da soldi delle scommesse online, che triplicano in poche ore le somme immesse in questo circuito.

La faida si sarebbe innescata il 9 marzo dopo una rissa in via Costante Girardengo, poi sfociata in un accoltellamento. Coinvolte tre persone di cui una, un pregiudicato di 31 anni legato al business degli stupefacenti, rimase ferita da sei fendenti. Uno perforò un polmone. Sul posto erano intervenuti gli agenti della Squadra mobile, che avevano trovato in strada anche una maglietta insanguinata. L’uomo era stato trasportato al pronto soccorso di Villa Sofia; le coltellate sarebbero state «vendicate» nelle ore successive con alcuni colpi di pistola, che alcuni testimoni avevano raccontato e confermato, esplosi verso un noto bar della zona. I primi di una lunga serie.

Da quel momento, infatti, si è perso il conto di ferimenti, colpi di pistola e fucilate esplosi contro negozi, automobili, baracche, palazzi e persone (due i feriti «ufficiali», entrambi raggiunti da proiettili alle gambe), spesso accompagnati da incendi a centri scommesse e altre attività tra cui anche una polleria a cui era stato bruciato il gazebo, una mini baracca utilizzata da un venditore ambulante e una macelleria, prima razziata e poi data alle fiamme. Tutte attività che in qualche modo sarebbero riconducibili a uno dei protagonisti della vicenda.

Da anni lo Zen è considerato dalle stesse famiglie mafiose “una mànnara”, come si legge nelle carte dell’inchiesta Grande Inverno, condotta dai carabinieri, che ha portato all’arresto di 181 tra boss, sodali e luogotenenti di tutte le famiglie di Cosa nostra che comandano i mandamenti cittadini e della provincia: lo scacchiere dei casermoni è rimasto orfano dei suoi boss, tra i quali i fratelli Nunzio e Domenico Serio, negli ultimi anni a capo dello Zen e reggenti di Tommaso Natale e San Lorenzo, che avrebbero controllato il giro degli stupefacenti, delle scommesse online e imposto ai ristoranti di Sferracavallo e Mondello i fornitori del pesce. I Serio avrebbero anche intrattenuto rapporti con le famiglie della Noce, come dimostrerebbero le indagini che hanno portato allo smantellamento dei vertici di quest’ultimo mandamento.

Ma nel quartiere che dal 2007, anno dell’arresto del boss Salvatore Lo Piccolo, è orfano di una guida forte che non si sarebbe più riuscita ad affermare, le correnti criminali si sarebbero come imbizzarrite fino a queste ultime, ulteriori scosse di assestamento. Un vuoto di potere dettato dall’azzeramento dei vertici di Cosa nostra, che potrebbe aver consentito a qualcuno di farsi giustizia da solo. Una giustizia fai da te e fuori controllo, che restituisce la disperazione del potere mafioso, che nessuno riuscirebbe più a tenere ben saldo nelle proprie mani, come commentavano Giovanni Cusimano e il suo sodale Gennaro Riccobono nel luglio 2023, in riferimento a Domenico Serio, chiamato “a sistemare lo Zen. Se ne è capace”.