A parlare di carciofi, si rischia sempre l’incidente diplomatico. Rapida sbirciatina al dizionario Treccani è sufficiente a ricordare come il termine italico, insomma il carciofo, ha in senso figurato, e se riferito a persona, il significante di persona sciocca, minchione (nel Treccani è riportato proprio l’epiteto massimo dello slang siculo), o goffa, inabile oppure maldestra. Insomma, un carciofo è solo un combina guai.

Strano destino per queste piante dalle tante virtù e dalla mille difficoltà. Chiedete a chi lavora la terra, quanto difficile sia il miracolo di quegli ovoli che puntano a far capolino. Ma in realtà, per noi siciliani – ed a maggior ragione per chi come me è nato e vive a ridosso di una delle principali enclavi “carciofaie” – il carciofo è un rito. Tanto che per molti, tra i dotti e sapienti del dogma culinario siciliano, il carciofo avrebbe tutto il diritto di spodestare l’arancina dal podio dello street food nostrano. Soprattutto quando la verde e puntuta pianta viene declinata nella versione arrustuta alla brace.

Che si tratti di venerazione, si comprende anche da come la traduzione in siciliano del termine carciofo sia legata a significati di senso opposto rispetto al “minchionissimo” valore italico. Signori, in piedi, arriva il “cacocciolo” o “cacuociollo/a” nella variante sibilata di alcune aree della provincia di Palermo.

Fare il cacociollo, infatti, dà il senso dell’infinita annacata alla siciliana, per sedurre qualcuno e per ritagliarsi un posto al sole. Ma il cacocciolare, o il farsi incacocciolare, è comunque un sentire positivo, un inno alla natura ed alla gioia. Ed in questo, come dar torto all’infinita saggezza siciliana. La pianta è un concentrato di virtù e proprietà nutritive, versatile in cucina come pochi altri alimenti, è un toccasana per il fegato e per il nostro corpo.

Vi chiederete il perché di questa mia scorribanda nel mondo del carciofo. Passione, senza dubbio. Ma anche curiosità e la voglia di fare qualcosa, per chi tra tante difficoltà non abbandona la terra e continua a coltivarla. I nostri terreni producono delle varietà incredibili di carciofo.

I dati di raccolta degli ultimi anni, nel comprensorio storico di Cerda, Sciara e Termini Imerese, parlano di crisi e di contrazione della produzione. C’è una strada da percorrere: rafforzare la produzione, fare interventi di marketing territoriale e avviare un percorso che porti i produttori a raggrupparsi, per essere competitivi sul mercato.

Solo così potremo abbattere quelle barriere che ostacolano i riconoscimenti di qualità a questo cibo prelibato. In realtà, un percorso era stato già avviato. Ma i numeri non erano dalla parte del “cacociolo”. E’ il momento di cambiare rotta. Vediamo di non fare la figura del carciofo.

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