Un amministratore giudiziario infedele avrebbe sottratto soldi da conti correnti di boss che lui gestiva affidati dal tribunale. La polizia di Stato di Palermo ha sequestrato beni per quasi 800 mila euro, su ordine della sezione misure di prevenzione. Il provvedimento nei confronti di un erede di un amministratore giudiziario morto nel 2018 che gestiva i conti correnti dei boss Rosario Gambino e Salvatore Inzerillo. Le indagini condotte dall’ufficio misure di prevenzione patrimoniali della divisione anticrimine di Palermo, coordinate dalla Procura.

Chi è

Il commercialista finito sotto verifica della Procura di Palermo è Ruggero Rizzuto, morto nel 2018 a 65 anni dopo avere lottato contro una brutta malattia. La sua famiglia ha un’azienda agricola nell’agrigentino. Rizzuto risiedeva a Palermo dove esercitava il mestiere di commercialista. La sua famiglia vanta un passato di agricoltori che si sono sempre dedicati alle terre di Piconello. L’ingresso nel mercato vitivinicolo è avvenuto nel 2003 e la realizzazione di una cantina con tecnologia avanzata. Il commercialista è deceduto senza avere depositato il rendiconto finale e su di lui era in corso un’inchiesta. Tra il 2005 e al 2008 aveva effettuato una serie di presunti indebiti prelievi di denaro, senza autorizzazione, dai conti correnti confiscati, per 621 mila euro.

Iscritto nel registro degli indagati

L’amministratore giudiziario era stato iscritto nel registro degli indagati per peculato continuato. Procedimento archiviato dopo la sua morte. Ma gli accertamenti in base al codice antimafia sono proseguiti. La norma prevede, infatti, che il procedimento di prevenzione può essere iniziato anche in caso di morte.

Soldi dei boss investiti nell’azienda agricola di famiglia

Sarebbe stato accertato che quei soldi prelevati dai conti sarebbero stati investiti nella sua azienda vitivinicola. Ad essere acquistati una cantina e un oleificio in terreni di proprietà dell’amministratore giudiziario. Quando ancora era in vita, secondo l’accusa, il professionista avrebbe trasferito le quote societarie ad un erede pur restando di fatto l’amministratore della società fino alla sua morte. Lo scorso maggio l’erede ha venduto un ramo di azienda per 928 mila euro. Dagli accertamenti bancari è stato possibile verificare che il prezzo della compravendita è stato accreditato su un conto corrente intestato alla società, sul quale è abilitato ad operare l’erede dell’amministratore. La sezione misure di prevenzione ha disposto il sequestro d’urgenza del saldo del suddetto conto corrente, per 779 mila euro.

Il questore: “Recuperato il maltolto dall’amministratore infedele”

“Il sequestro patrimoniale d’urgenza – ha commentato il questore Leopoldo Laricchia – costituisce un brillante risultato delle attività di monitoraggio dei patrimoni mafiosi. Questo ed altri episodi purtroppo avvenuti negli anni, confermano come l’attenzione sui patrimoni sequestrati  o confiscati non possa fermarsi al provvedimento che ne dispone la confisca da parte del tribunale delle misure di prevenzione. Ma debba continuare controllando ed accertando che i beni vengano effettivamente impiegati in modo produttivo. Il tutto a vantaggio della comunità a cui sono stati sottratti dalla criminalità mafiosa. Fortunatamente l’alert pervenuto dal tribunale delle misure di prevenzione a seguito di mirato controllo ha consentito immediatamente di inoltrare allo stesso tribunale una proposta congiunta di sequestro patrimoniale preventivo. Soprattutto di recuperare a tempo di record  il maltolto sequestrando il provento della vendita dell’azienda agricola ammontante a 779.476,31 euro”.

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