È a caccia ai finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. I pm che hanno coordinato l’indagine che ha portato alla sua cattura stanno cercando di capire come i soldi arrivasse al padrino di Castelvetrano che riusciva a mantenere un tenore di vita elevatissimo.

Addosso al capomafia il giorno dell’arresto sono state trovate delle carte di credito riferibili a conti correnti intestati ad alias sui quali, però, non ci sarebbero state disponibilità tali da consentirgli le spese – fino al 15mila euro al mese – abitualmente sostenute.

L’ipotesi è che le somme siano state di volta in volta consegnate al boss nel covo in cui si nascondeva, a Campobello di Mazara. Ma chi portava materialmente il denaro? E da dove arrivava quel fiume di soldi? Si indaga nella cerchia stretta dei favoreggiatori storici e della famiglia del capomafia. La Procura sta effettuando indagini anche patrimoniali per cercare di capire se dietro i finanziamenti ci fossero attività formalmente lecite gestite da prestanome o se i soldi arrivassero dalle estorsioni e da attività illecite.

La terza seduta di chemioterapia

Ieri è durata circa quattro ore la terza somministrazione di chemioterapia nei confronti del boss mafioso Matteo Messina Denaro, rinchiuso dal 18 gennaio scorso, in regime di 41bis, nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila. Nell’ambulatorio realizzato ad hoc di fronte alla sua cella, l’ex superlatitante arrestato a Palermo il 16 gennaio nella clinica privata dove era in cura per un tumore, ha ricevuto la terza dose assistito da un oncologo, un anestesista e una infermiera, tutti e tre dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila.

Secondo fonti sanitarie, il 60enne seguito dal reparto di oncologia diretto dal professore Luciano Mutti, è in buone condizioni e per ora non ha avuto problemi legati agli effetti collaterali: “Il paziente è tranquillo e in buono stato, non ci sono emersi segnali negativi e le cure proseguono come da programma e nel pieno rispetto dei protocolli”, sottolineano i medici.

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