L’arresto della sorella del boss Matteo Messina Denaro un “ulteriore tassello nella lotta alla mafia”. E’ in sintesi il pensiero del presidente della Regione Renato Schifani che commenta il blitz dei Ros all’alba di oggi culminato con le manette ai polsi di Rosalia Messina Denaro.

“Grandi capacità e determinazione”

“L’arresto di Rosalia Messina Denaro, sorella del boss Matteo, dimostra, ancora una volta, la grande forza, determinazione e capacità quotidiane dello Stato” dice Schifani. Un ringraziamento per l’impegno che va anche alle forze dell’ordine e alla magistratura “nel voler sradicare il fenomeno mafioso!”. “Un nuovo plauso – scrive ancora il governatore siciliano – va ai carabinieri e alla Procura di Palermo. Grazie ad accurate e capillari indagini, hanno messo un ulteriore tassello nella lotta a Cosa nostra”.

Arresto figlio di qualche falla

un arresto che, come emerso, è figlio anche di qualche falla nella rete dei fiancheggiatori. Emerge dall’inchiesta del procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido che ha portato oggi all’arresto di Rosalia Messina Denaro. La donna considerata “vera e propria collettrice dei biglietti del fratello”. Decine i pizzini scoperti dopo l’arresto dell’ex latitante. Messaggi arrotolati, sigillati con il nastro adesivo, spesso avvolti in piccoli pacchetti. Indirizzati a destinatari indicati con nomi in codice di “Fragolone (soprannome della sorella Rosalia ndr), Fragolina, Condor, Ciliegia, Reparto, Parmigiano, Malato, Complicato, Mela”.

Il veicolo dei “tramiti”

I pizzini di Messina Denaro veicolati attraverso una catena, più o meno lunga, di fedelissimi, che lo stesso boss, nei suoi scritti, definiva “tramiti”. Nel sistema del latitante finora ancora più impenetrabile di quello degli altri capi, però, c’era una falla. Per anni Messina Denaro ha adottato mille cautele, prima fra tutte quella di non lasciare traccia dei biglietti. Venivano rigorosamente distrutti dopo la lettura. Stavolta però il boss è stato il primo a non osservare la regola. “Avendo la necessità di dialogare in termini più brevi e con minori precauzioni con i suoi familiari, – scrive il gip – e talvolta di conservare la posta, soprattutto quella in uscita, come promemoria delle innumerevoli faccende che gli venivano sottoposte”.

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