La cocaina arriva a Bagheria in enorme quantità anche perché le richieste c’erano, eccome. Addirittura si riusciva a vendere al dettaglio ogni mese qualcosa come 1,6 chili. Numeri da capogiro che sono stati captati dalle intercettazioni dei carabinieri culminate nell’operazione di ieri “Persefone 2”. In 17 arrestati, più altri 4 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

La macchina da guerra

La vera macchina da guerra erano i coniugi Salvatore Salerno, 64 anni, e Rosaria Di Gregorio, 55 anni, entrambi bagheresi. Il loro ruolo, secondo la Procura, viene fuori da un dialogo intercettato tra i due e altri esponenti del clan. La stessa Di Gregorio sosteneva con una certa enfasi l’obiettivo mensile. Discutendo fra loro si fanno si fanno i conti al dettaglio della roba venduta. “Veramente 1,6 chili dovrebbero essere” sostiene la Di Gregorio.

Il ruolo di “rilievo”

Gli inquirenti precisano nell’informativa che marito e moglie  assumono un “ruolo di un cento rilievo…  Oltre a provvedere essi stessi alla vendita delle sostanze stupefacenti, provvedevano alla divisione della sostanza acquistata”. Poi i capi clan consentivano ai vari pusher appartenenti al sodalizio di svolgere l’attività di rivendita nel territorio di Bagheria.

Un nuovo colpo

Si tratta di un nuovo colpo alla piazza di spaccio di Bagheria dedita alla vendita specie di cocaina. Qui la droga arrivava dal capoluogo e veniva gestita dal clan locale. I carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Palermo hanno eseguito l’ordinanza firmata dal gip. Le richieste avanzate dal procuratore Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido.

Le accuse

Per tutti a vario titolo l’accusa è associazione a delinquere finalizzata allo spaccio e al traffico di droga, aggravati dal metodo mafioso. L’operazione di questa notte è la prosecuzione del blitz “Persefone” del settembre 2021 che ha già colpito il clan di Bagheria. Infatti questa operazione è stata denominata “Persefone 2”. Arrestato un intero nucleo familiare composto da marito moglie e due figli, un terzo figlio in manette già nella prima operazione. L’indagine avviata dai carabinieri nel 2019, coordinata Dda di Palermo, avrebbe consentito di confermare che l’attività di spaccio della droga è gestita da “cosa nostra” bagherese. Questo anche grazie ai canali di approvvigionamento dai mandamenti cittadini di Brancaccio e Porta Nuova.

Il perché dei prezzi

In un’altra intercettazione si sente uno degli arrestati, Giuseppe Di Gregorio, stabilire senza se e senza ma i prezzi dello stupefacente da vendere. “Una cosa, vi ho sentito parlare di questi discorsi qua, come prezzo di questa… Non gliela puoi portare più a 50… A 50 non gliela puoi dare”. Con i suoi più stretti collaboratori Di Gregorio fissava le tariffe. E spiegava anche il perché: “Io devo garantire a loro…”. Secondo gli inquirenti questi “loro” era appunto i carcerati a cui spettava una quota della vendita della droga.

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