Una bandiera della Lega data alle fiamme e portata in corteo come una fiaccola. Giunte in via Maqueda, all’altezza della via Bandiera, le donne dell’Assemblea contro la violenza maschile sulle donne hanno deciso di manifestare così la sera del loro 8 marzo.  Come gesto dimostrativo hanno bruciato una bandiera della Lega al culmine del loro corteo.

L’azione simbolica “intende manifestare l’assoluto dissenso nei confronti del Ddl Pillon -spiegano – disegno di legge sulla revisione delle norme in materia di separazione, divorzio e affido dei minori che riporta la condizione femminile indietro di millenni; delle derive razziste, xenofobe e securitarie delle politiche di Governo che vengono affermate e legittimate da chi sta al potere attraverso la strumentalizzazione dei corpi delle donne e della violenza di genere”.

Un gesto che non è passato inosservato. “Il fatto che durante la manifestazione dell’otto marzo alcune ragazze abbiano bruciato la bandiera della Lega, è triste per le ragazze che hanno compiuto il gesto” dice Tony Rizzotto, deputato regionale della Lega a Palazzo dei Normanni.

“Ognuno è libero di esprimere il proprio consenso o dissenso rispetto alle posizioni politiche della Lega o di qualsiasi partito, – aggiunge – ma bruciarne il simbolo evoca tempi bui che nessuno di noi si augura. È un fatto ancora più grave considerando che la Lega è oggi il principale partito italiano e quel gesto è quindi un’offesa per milioni di elettori e militanti”.

“La bandiera della Lega bruciata a Palermo durante il corteo dell’8 marzo è un brutto segnale d’intolleranza politica che nulla ha a che vedere con le rivendicazioni femministe. Non è comunque con questi atti che potrà essere rallentato il nostro cammino rispetto alle riforme che ci chiedono gli italiani. Dalla Sicilia alle Alpi” dice Igor Gelarda, responsabile siciliano enti locali della Lega e capogruppo del Carroccio in consiglio comunale a Palermo.

“L’azione simbolica intende manifestare l’assoluto dissenso nei confronti del Ddl Pillon – recita una nota delle donne in corteo – disegno di legge sulla revisione delle norme in materia di separazione, divorzio e affido dei minori che riporta la condizione femminile indietro di millenni; delle derive razziste, xenofobe e securitarie delle politiche di Governo che vengono affermate e legittimate da chi sta al potere attraverso la strumentalizzazione dei corpi delle donne e della violenza di genere”.

Per Gelarda, “il rispetto per gli avversari politici è una cosa fondamentale. Alzare i toni con questi gesti violenti è controproducente sia per chi li compie, che per l’intera comunità nazionale. Mi auguro che nessuno pensi di ridurre quanto accaduto al rango di folclore – conclude l’esponente siciliano della Lega – perché invece si tratta di un gesto esecrabile da non sottovalutare”.

Ma le azioni dimostrative non si sono fermate. Il gesto che non è passato inosservato è stato  seguito da un’altra azione dimostrativa. Giunte in piazza Pretoria le manifestanti hanno, infatti, esposto uno striscione da Palazzo Pretorio, sede del comune, con la scritta “Liberi corpi. Libera terra”. “L’iniziativa simbolica – spiegano – è un modo per portare l’attenzione sulla manifestazione nazionale contro le Grandi opere inutili e in difesa del territorio che si darà a Roma il 23 marzo. A tale manifestazione, in occasione della quale è stato organizzato un pullman che partirà da Palermo, le donne dell’Assemblea hanno deciso di partecipare perché fermamente convinte che la lotta per libertà delle donne, che l’emancipazione femminista, passi necessariamente anche attraverso l’autodeterminazione dei territori”.

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