Per le decine e decine di tonnellate di rifiuti accatastate alla discarica di Bellolampo nel 2020 rischia la condanna Girolamo Caruso. L’amministratore unico della Rap, società di gestione della discarica Palermitana, ha ricevuto un decreto penale. Si tratta di un atto che di fatto salta l’udienza preliminare, quindi l’eventuale processo, trasformando la condanna da penale in pecuniaria. Ma sempre di condanna si tratterebbe. Il provvedimento scaturisce in seguito alle risultanze dell’indagine dei carabinieri del Noe, il nucleo operativo ecologico.

Le scelte di Caruso

All’epoca era esplosa una vera e propria emergenza rifiuti in buona parte della Sicilia. Caruso acconsentì all’accatastamento di ben 170 tonnellate di rifiuti nel piazzale di Bellolampo. La scelta fu dettata dal fatto che l’alternativa sarebbe stata quella di portare i rifiuti all’estero con costi esorbitanti. La Rap, che già non navigava in buone acque sul piano finanziario, rischiava il crack finanziario.

Ora la sedia potrebbe saltare

Una situazione che accade nel momento in cu il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, continua a pressare per far arrivare un nuovo amministratore. Questa vicenda giudiziaria sicuramente potrebbe pesare per Caruso, ovviamente a seconda di come andrà a finire questo decreto appena emesso. Cioè se porterà alla condanna. Non è un mistero che il primo cittadino Palermitano in quel posto ci vorrebbe l’imprenditore Giuseppe Todaro.

Occhi puntati sempre addosso

Da diversi anni ormai la discarica è al centro dell’attenzione dei politici e della magistratura, con sequestri e dissequestri, per la situazione di emergenza dovuta al riempimento delle vasche, ai danni ai macchinari, agli incendi che divampano improvvisi. In un processo concluso nel 2018 l’ex sindaco di Palermo Diego Cammarata fu assolto. Con lui anche dirigenti della società che gestiva la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti a Palermo. Le accuse inizialmente ipotizzate erano quelle di disastro ambientale e altri reati.

Nel 2021 altre assoluzioni

Altre assoluzioni arrivano per i vertici dell’oramai fallita Amia nel 2021. Accusati di aver proseguito, sul solco della precedente dirigenza, la malagestione della discarica di Bellolampo. Questo fino al sequestro da parte dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico, che hanno messo i sigilli a Bellolampo per una sovraproduzione di percolato. Liquidi che, assorbiti dal terreno, minacciavano corsi d’acqua e falde acquifere. Tutti fatti contestati tra il 2010 e il 2013. Sigilli che comunque all’epoca non fermarono l’attività della discarica, per evitare il divampare dell’emergenza rifiuti nel capoluogo.

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