La Polizia sta eseguendo decine di ispezioni in Sicilia con l’obiettivo di individuare dove si nasconde il boss numero uno di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993. Nei controlli, disposti dalla Dda di Palermo, sono impegnati circa 150 agenti delle squadre mobili di Palermo, Trapani e Agrigento, supportati dagli uomini del Servizio centrale operativo e dei reparti prevenzione crimine di Sicilia e Calabria.

Le perquisizioni sono scattate in particolare nei confronti di una serie di soggetti sospettati di essere fiancheggiatori di Messina Denaro e di personaggi considerati vicini o contigui alle famiglie mafiose trapanesi e agrigentine. I poliziotti stanno operando a Castelvetrano, Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Partanna, Mazara del Vallo, Santa Margherita Belice e Roccamena (Palermo).

Il volto della primula rossa detta anche Diabolik

Intanto riappare dal buio nel quale è rimasto avvolto per lunghissimi anni il volto di Matteo Messina Denaro, 58 anni, boss mafioso conosciuto anche come Diabolik, e gli alias Alessio e Testa Dell’acqua, scomparso per la giustizia il 2 giugno 1993. Il latitante più ricercato d’Italia. A pubblicare l’immagine del viso, ripreso da una telecamera di sicurezza, è stato il Tg2 delle 20.30 di ieri. Le immagini, afferma il servizio, sono state registrate da una telecamera in strada in provincia di Agrigento, risalgono al 2009 e sono le uniche che inquirenti e investigatori hanno dal 1993.

Il video in mano alla Direzione centrale anticrimine della Polizia

Il video è in possesso degli investigatori della Direzione centrale anticrimine della Polizia. Nelle immagini, che durano pochi secondi e risalgono al dicembre del 2009, si vede un suv blu che percorre una strada sterrata in piena campagna. A bordo ci sono due persone: l’autista e, sul sedile del passeggero, un uomo stempiato e con gli occhiali. Secondo investigatori e inquirenti, afferma il servizio, quell’uomo potrebbe essere proprio Matteo Messina Denaro. Le immagini, sostiene sempre il Tg2, sono state riprese da una telecamera di sicurezza a poche centinaia di metri dalla casa di Pietro Campo, boss della Valle dei Templi e fedelissimo del numero uno di cosa nostra che in quel periodo era protetto dalle famiglie agrigentine e, forse, stava andando proprio ad un incontro con i capi mafia locali.

Il boss è diventato nonno

Di Messina Denaro si parla spesso, soprattutto con riferimento ai suoi presunti fiancheggiatori e agli affari illeciti che conduce dalla latitanza, ma l’ultima volta – lo scorso luglio – è stato evocato per una notizia di tipo diverso: il boss è diventato nonno. La figlia Lorenza Alagna, 26 anni, che porta il cognome della madre Francesca e il nome della nonna paterna, ha partorito un bambino. Che però non si chiama Matteo, il padre che la giovane non ha mai conosciuto. Messina Denaro è il boss del mistero ricercato in tutto il mondo per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto. Imprendibile perché ha goduto di una fitta rete di protezione nel trapanese anche grazie all’enorme disponibilità di soldi, un reticolo di connivenze composto soprattutto da suoi familiari più stretti e da quelli acquisiti che sono caduti via via come birilli travolti dalle inchieste giudiziarie. Ma di lui nessuna traccia.

Dove si nasconde

C’è chi dice sia a Dubai, o in Marocco, o che sia sempre rimasto in Sicilia, ma c’é anche chi sostiene che possa addirittura essere morto. Ma il boss latitante comanda ancora? Secondo l’ultima relazione della Dia, la Direzione investigativa antimafia, Messina Denaro “costituisce ancora la figura criminale più carismatica della mafia trapanese”. Capo mandamento di Castelvetrano, “nonostante la latitanza rimane il principale punto di riferimento per decidere le questioni di maggiore interesse dell’organizzazione, per dirimere le controversie e per nominare i vertici delle articolazioni mafiose”. Va tuttavia evidenziato, sottolinea la Dia, che “benché ‘u siccu’ continui a beneficiare della fedeltà di molti sodali non mancano segnali d’insofferenza.

Segnali di malessere dentro Cosa Nostra

Alcuni affiliati sarebbero infatti insoddisfatti di una gestione di comando troppo impegnata a curare la sempre più problematica latitanza del boss, anche in ragione della costante azione investigativa in larga parte volta a colpirne la rete di protezione”. Numerosi sono stati infatti gli arresti dei fiancheggiatori, così come le confische – “dall’ammontare miliardario” – eseguite nel corso degli anni nei confronti di soggetti che gravitano nella cerchia delle relazioni di Messina Denaro e che hanno colpito gli asset mafiosi nei settori imprenditoriali più vari. Lo stesso procuratore antimafia di Palermo, Francesco Lo Voi, ha di recente ricordato come “in provincia di Trapani le indagini coordinate dalla Dda tra il luglio 2019 e il giugno 2020 hanno registrato ancora il potere mafioso saldamente nelle mani della famiglia Messina Denaro, che vanta un elevato novero di suoi componenti che hanno ricoperto e ricoprono tutt’ora ruoli di assoluto rilievo all’interno dell’intera provincia mafiosa trapanese”.

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