La situazione è grave e vanno attuate delle contromisure drastiche; insomma è il momento del giudizio universale. È quel che sostiene l’omonima campagna di sensibilizzazione che depositerà a fine anno una causa civile contro lo Stato italiano.

Cittadine e cittadini, studenti, scienziati, avvocati, attivisti e volontari di associazioni ecologiste, comitati territoriali, centri di ricerca e media indipendenti: tutti uniti per agire contro il cambiamento climatico in atto. La campagna di sensibilizzazione, che va avanti da alcuni mesi in tutta Italia, ora approda anche a Palermo: il 24 ottobre a partire dalle ore 19 i volontari palermitani presenteranno al circolo Arci Porco Rosso i dati che sono alla base di questa clamorosa, e per certi versi inedita, causa civile.

“Il giudizio universale sta arrivando – si legge nell’appello a cui chiunque può aderire, o singolarmente o come referente di un gruppo -: scioglimento dei ghiacciai, siccità, desertificazione, eventi climatici estremi, estinzione di interi ecosistemi sono solo alcuni dei fenomeni che già oggi si verificano su tutta la Terra. Gli scienziati ne sono certi: se continuiamo così, entro la fine del secolo le temperature aumenteranno di oltre 4 gradi. Abbiamo appena undici anni per bloccare tutte le politiche che generano emissioni e modificano il clima. Giunti a quel punto, sarà troppo tardi.

Nessuno dei leader mondiali ha colto il messaggio e l’urgenza del pericolo, nemmeno a casa nostra. In moltissimi paesi, movimenti e cittadini stanno citando in giudizio Stato, istituzioni e imprese per costringerli ad attuare politiche realmente efficaci. Abbiamo deciso di fare causa anche in Italia. Chiederemo allo Stato italiano di attuare misure più stringenti per rispondere ai cambiamenti climatici e invertire il processo: se non ci pensiamo noi, nessuno lo farà al posto nostro”.

A preoccupare maggiormente, tra i tanti aspetti, ci sono le concentrazioni atmosferiche di gas serra: nel 2017 hanno raggiunto nuovi record, arrivando a +146 per cento rispetto ai livelli preindustriali. La causa principale di questo spaventoso aumento è da ricercare nelle attività umane, e in primo luogo l’utilizzo di combustibili fossili. E l’Italia? Rispetto al 1990, al 2017 le nostre emissioni si sono ridotte di appena il 17.4 per cento mentre già nel 2007 l’IPCC (il Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico) chiedeva che i Paesi sviluppati riducessero le emissioni del 25-40 per cento entro il 2020. Inoltre, parte di questa riduzione è dovuta sia alla crisi economica del 2008 e al conseguente calo della produzione, sia alla delocalizzazione di alcuni settori produttivi all’estero e non a politiche climatiche efficaci.

«Anche la proposta di Piano Nazionale Energia e Clima presentata a fine 2018 dal governo è troppo poco ambiziosa – afferma l’attivista Giulia Di Martino – Le istituzioni devono darsi una mossa. Gli ultimi esempi di Fridays for Future e Extincion Rebellion testimoniano che l’attenzione all’ambiente è sempre più diffusa, specie nelle nuove generazioni. Così come continuano a insegnarcelo i numerosi comitati territoriali che in Sicilia si battono da anni per contrastare quelle che il collettivo di scrittori Wu Ming definiscono le Grandi Opere Inutili, Dannose e Imposte.

Finora a muoversi sono stati alcuni comuni, neanche molti in realtà, che hanno adottato la dichiarazione d’emergenza climatica e ambientale. Che però rischiano di essere semplici palliativi. Di fronte un’emergenza che mina il nostro presente e il nostro futuro ci vogliono azioni forti. Ecco perché abbiamo scelto lo strumento della causa legale contro lo Stato italiano».

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