Indagini chiuse e decreto di giudizio immediato per Aly Elabed Baguera, 32 anni, e per lo zio Kamel Elabed di 61 anni, accusati di aver ucciso Badr Boudjemai, detto Samir, il cameriere algerino di 41 anni, sposato e padre di due figli piccoli, freddato il 4 novembre in via Roma con tre colpi di pistola.

La richiesta

Come scrive il Giornale di Sicilia, il presidente dei Gip, Alfredo Montalto, accogliendo la richiesta formulata dai pm Vincenzo Amico e Ludovica D’Alessio, ha fissato il processo per i due tunisini, che dovranno comparire in udienza il prossimo 10 maggio in corte d’assise. Rischiano entrambi l’ergastolo. L’immediato è un rito che fa saltare l’udienza preliminare e a cui si può ricorrere quando la prova è evidente e le indagini si sono concluse entro sei mesi: condizioni rispettate, sia secondo la Procura sia secondo il giudice. «Stiamo valutando – dice l’avvocato Salvino Caputo, che difende i due nordafricani – tutti gli atti».

L’omicidio

Baguera – rinchiuso nel carcere dell’Ucciardone – sarebbe stato l’esecutore materiale mentre Kamel, detenuto al Pagliarelli, avrebbe partecipato al delitto aiutando il parente a preparare l’agguato e a trovare l’arma che ha sparato contro Samir, così come veniva chiamata la vittima da clienti e amici. Secondo gli inquirenti, l’assassinio sarebbe stato premeditato e, per di più, con l’altra aggravante dei futili motivi, perché legato a motivi di lavoro: l’algerino e il presunto killer facevano i «buttadentro», cioè erano in competizione per portare i clienti nei loro ristoranti e per questo sarebbero nati i contrasti tra i due, tanto forti da poter essere la causa dell’omicidio. Erano stati gli stessi familiari del cameriere algerino a chiedere di indagare in questa direzione ma ci sarebbero anche altre prove evidenti a incastrare gli Elabed.

Le prove

A partire dal contenuto dei video che sono stati acquisiti dalla Procura: dai filmati si vedrebbe Samir seguito a breve distanza da un uomo vestito completamente di scuro, comprese le scarpe, con un giubbotto e un cappuccio in testa e i capelli rasati ai lati che alla fine lo raggiunge e lo finisce, facendo fuoco anche alla testa, lasciandolo sul marciapiede di via Roma in una pozza di sangue. Per l’accusa questa figura è certamente quella dell’indagato

 

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