A Camporeale le questioni di cuore c’è chi li risolve a colpi di revolver. E così una normale giovedì sera a due passi dalla chiesa del paese si trasforma in tragedia. Benedetto Ferrara, detto Benny, è stato freddato senza pietà. Michele Mulè, allevatore di 28 anni, ha pensato di chiudere i contrasti con il giovane con una calibro 38.

L’ex  aveva cercato nuovi approcci con la sua nuova fidanzata  utilizzando anche i social. Giovedì sera l’ultima lite finita nel sangue: in piazza Marconi a Camporeale, come ha raccontato ai carabinieri, avrebbe ammazzato Benedetto Ferrara, disoccupato, di 26 anni, che un tempo era stato suo amico. L’omicidio è avvenuto per gelosia. Due colpi al torace e uno alla nuca.

Pare che la pistola consegnata ai militari aveva la matricola abrasa. Mulè è salito nella sua macchina una Mercedes grigia. A bordo con lui la fidanzata. Ed è fuggito trovando riparo in un casolare della fidanzata. Meno di un’ora dopo la telefonata ai carabinieri: “Ho fatto una cazzata ho ucciso Benedetto Ferrara, venitemi a prendere”.

Ma i militari della compagnia di Partinico guidati dal capitano Mario Petrosino e del nucleo investigativo di Monreale guidati dal maggiore Marco Pisano erano già sulle tracce di Mulé.

In piazza Marconi, nel cuore di Camporeale, l’avevano visto tutti ma non tutti hanno parlato ai carabinieri. La prima a chiedere aiuto è stata un’agente della polizia municipale fuori dal servizio. Ha sentito gli spari ed è accorsa. È stata vicino al ragazzo agonizzante.

Ha chiamato i soccorsi, il 118 ed i carabinieri. Attorno, la folla che si è riversata in strada. Quando il personale sanitario è arrivato in piazza non c’era ormai nulla da fare, i carabinieri hanno dovuto allontanare tutta quella gente dalla scena del delitto per i rilievi e raccogliere le prime ricostruzioni dei fatti.

Ed è apparso subito chiaro ciò che era successo e pure il movente passionale, anche se in passato, sia la vittima che il ventottenne che ha confessato il delitto, hanno avuto a che fare con la giustizia. Accuse di furto per Ferrara, che a maggio era stato arrestato nel blitz contro le bande di ladri specializzate nei raid nelle case e nel business dei cavi di rame. Proprio quell’arresto sarebbe stato la causa della fine della storia con la ragazza.

Lo aveva lasciato quando lui era finito poi ai domiciliari. L’ultima misura cautelare, l’obbligo di firma, per Ferrara era stata revocata appena l’8 ottobre. La sua ex ha riferito di comportamenti violenti, di botte, ma non l’aveva denunciato. Mulé era stato, invece, assolto per una rissa del 2015.

“Non la lasciava stare, continuava a cercarla perché non si rassegnava al fatto che lo avesse lasciato per mettersi con me», avrebbe confessato Mulé nella notte ai carabinieri del nucleo investigativo di Monreale guidati da Marco Pisano e al sostituto procuratore Ferdinando Lo Cascio che coordina le indagini.

“Poteva finire meglio, non doveva finire così”, avrebbe detto alla fidanzata. Ha subito consegnato ai carabinieri l’arma con cui aveva fatto fuoco poco prima e che teneva alla cintura dei pantaloni, un revolver Llama 38 special privo di matricola, e dopo essere stato posto in stato di fermo è stato rinchiuso nel carcere di Pagliarelli.

La salma di Ferrara, invece, è stata portata all’istituto di medicina legale in attesa dell’autopsia. Da una prima ispezione cadaverica resta ancora da chiarire se Mulé abbia dato il colpo di grazia alla sua vittima o se, nell’esplosione dei tre colpi a ripetizione, uno dei proiettili abbia ferito il giovane alla nuca per un movimento del corpo. Di certo un proiettile lo ha raggiunto al cuore. Sarà sull’ipotesi della premeditazione o meno che si deciderà il destino processuale di Mulé: se c’è stata un’ultima lite prima del delitto o se l’assassino si è diretto subito contro il suo rivale per ucciderlo.

Due versioni differenti che arrivano dagli amici di Ferrara e dalla ragazza contesa. I primi dicono di aver visto Mulé precipitarsi armato contro Ferrara; la seconda, invece, parla di una zuffa che avrebbe preceduto il delitto. Nelle dichiarazioni della ragazza, che ha ammesso di essersi fidanzata con Mulé da un paio di settimane e che aveva già frequentato in passato, il racconto della serata culminata con l’omicidio: «Eravamo uscite con la mia amica dalla scuola guida… abbiamo incontrato Benedetto in compagnia di un amico e appena mi ha visto ha sputato a terra». Poi, secondo la versione della ragazza, la sera sarebbero usciti in auto con Mulé passando davanti al bar. E avrebbero rivisto Ferrara che avrebbe urlato loro degli insulti. Da lì, secondo la testimone, ci sarebbe stata la reazione dell’allevatore che era sceso dalla macchina. «Avevo capito che stava andando a litigare». Poi «ho sentito un rumore come di un petardo… gli ho chiesto: “Ma cosa hai fatto?” e lui mi rispondeva: “Ora mi prendo le mie conseguenze”».

La ragazza ai carabinieri ha detto di aver saputo da una sua amica che Ferrara aveva un coltello, un amico lo avrebbe tenuto per lui, e che «aveva intenzione di colpire qualcuno dei miei famigliari oppure Michele». Ma ad uccidere, giovedì sera, è stato Mulé e uno degli amici di Ferrara ha detto di averlo visto «puntare l’arma…» e sparare. Poi «correndo si è diretto verso la sua auto allontanandosi velocemente». Testimonianze che, sommate alla confessione dell’allevatore, sono confluite nel fascicolo di indagine con l’accusa pesante (che può costargli l’ergastolo) dell’omicidio premeditato per il futile motivo della gelosia. Oggi è previsto l’interrogatorio nel corso dell’udienza di convalida del fermo per Mulé, difeso dall’avvocato Antonino Cacioppo, e in mattinata sarà anche conferito l’incarico al medico legale per l’autopsia.

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