Carmelo Miceli porta avanti la sua battaglia contro un gioco che coinvolge milioni di giocatori in tutto il mondo. Stiamo parlando di Mafia City, un gioco di simulazione online in cui il protagonista deve scalare la gerarchia criminale di una fantomatica città per diventare il numero uno della mafia: il Padrino. Il deputato del Partito Democratico non ci sta e nei giorni scorsi ha annunciato anche un’interrogazione parlamentare per chiedere l’oscuramento del gioco. Il rischio, secondo il responsabile sicurezza del PD, è che i giovani possano emulare i comportamenti violenti del gioco nel quale si devono affrontare “sfide” sempre più violente e pericolose.

L’interrogazione – riferisce Miceli intervistato da BlogSicilia – non riguarda solo il gioco in questione ma anche tutto l’asseto normativo e la classificazione PEGI, uno strumento di dimensione europea, che consente di classificare il gioco in base ad un numero. Più alto è il numero e più è ritenuto pericoloso. Chiederò una revisione della normativa che consente di stabilire se, quanto e a chi può essere accessibile un videogioco”.

Secondo il siciliano Miceli, in Sicilia ci sarebbero determinati ambienti nei quali l’emulazione dello stile di vita mafioso  potrebbe costituire un terreno fertile, che potrebbe portare i giocatori a replicare i comportamenti nelle vita quotidiana. In un periodo caratterizzato da emergenze più gravi, Covid e migranti, molti utenti sui social hanno contestato e schernito l’intervento di Miceli, invitandolo ad occuparsi proprio delle gravi impellenze. E prendendo in prestito le ‘critiche’ social abbiamo chiesto a Miceli proprio di rispondere a questo tema “Perché il Pd non pensa ai problemi più seri del paese?”

“Non so quanti di loro – dice Miceli rivolgendosi a chi l’ha criticato duramente – hanno avuto a che fare con cosa nostra. Io sono un avvocato penalista e spesso mi sono occupato di vittime di mafia, ho vissuto a contatto con i figli di persone uccise dalla criminalità organizzata e faccio parte della Commissione antimafia. Anche per questo so perfettamente che la mafia, soprattutto in un momento di disperazione come quello causato dell’emergenza sanitaria, è pronta ad offrire la sua assistenza sociale in sostituzione dello Stato. A maggior ragione in una condizione di difficoltà come quella determinata dal Covid, cosa nostra è pronta con la sua offerta, ora con accesso al credito, ora con accesso ai beni alimentari di prima necessità o con l’accesso al lavoro. Cosa nostra vive dei fallimenti dello Stato ed è incentrata sulla capacità di dimostrare che può essere il vero Stato”.

Secondo Miceli, dunque, il gioco Mafia City, come tanti altri giochi di simulazione, creano nei giocatori, soprattutto i più giovani che vivono in contesti disagiati, l’idea che cosa nostra sia da emulare e seguire per raggiungere i propri scopi nella vita.  “In un contesto storico particolare come questo scelgo di non occuparmi solo di videogiochi, a differenza di quanto sostiene qualcuno, perchè c’è il rischio concreto che ‘forze fresche’ rappresentino le nuove possibili adesioni nella mafia – aggiunge il deputato dem -. C’è il rischio che cosa nostra possa trovare tanto negli immigrati clandestini, quanto nei cittadini disagiati, nuovi soggetti da reclutare”.

Miceli ha quindi deciso di prendere spunto dal gioco che conta già migliaia di giovani pronti a diventare i nuovi Padrini, per avviare una battaglia parlamentare che dovrà servire a mettere ordine nella legislazione che regola l’accesso alle piattaforme di questa tipologia di software. “Questi giochi che descrivono la vita di un boss, che cresce nella sua forza economica e vive nell’agio attraverso la mafia, la devastazione, la violenza, la corruzione, omicidi, corruzione delle forze dell’ordine, non sono un bene ed è dovere del politico affrontare alcuni aspetti ‘sociali’ che sono troppo spesso messi da parte”.