Divertimento, sfarzo, travestimento e tanta allegria.
Tutto questo è il Carnevale, festa pagana dalle origini antichissime, probabilmente ellenistiche e ateniesi. Il nome deriva dal termine latino “Carmen Levare”, ovvero il divieto ecclesiastico di consumare carne durante i quaranta giorni prima della Pasqua. I festeggiamenti coincidono, infatti, con la settimana che precede l’inizio della Quaresima e nascono da un sentimento di evasione nei confronti del periodo di penitenza e digiuno che ad essa segue. Ma non solo: sono tante le simbologie legate a questa festa: la maschera dell’omaccione, per esempio, che sfila sul carro funebre, metafora della fine dell’anno passato che morendo porta via tutti i mali.
Anche in Sicilia, come in tutto il mondo, sono tante le manifestazioni e gli eventi proposti che raggiungono l’apice della trasgressività il Martedì Grasso. Una festa molto sentita, che ha qui origine nel 1600. In un tripudio di coriandoli e stelle filanti ecco sfilare Pulcinella, Balanzone, Pantalone, Arlecchino, Brighella e tanti altri personaggi. Le maschere più caratteristiche sono quelle dei “Jardinara” e dei “Varca” note soprattutto nella provincia di Palermo, quelle dei briganti e quella del “cavallacciu” nel catanese. Altre maschere, parodia ai maggiori esponenti delle classi sociali cittadine, sono le rappresentazioni dei “Dutturi”, dei “Baruni” e degli “Abbati” e ancora, la vecchia maschera della “Vecchia di li fusa” presente anticamente nella Contea di Modica, simbolo della morte del carnevale.
Numerose le città siciliane che vantano famosi Carnevali. E’ noto quello di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, dove un tempo si festeggiava nei tipici “Vagliuna” con giochi e botteghini. Oggi si balla in piazza e nei locali notturni durante le varie sagre e le sfilate tra la domenica ed il martedì prima delle Ceneri.
Balli, carri allegorici e gare nella piazza del centro turistico di Taormina, in provincia di Messina. Sempre nel messinese, a Saponara è possibile ammirare la tipica figura dell’Orso, realizzata utilizzando pelli di capra, a Novara di Sicilia invece si svolge il “Gioco del Maiorchino”, durante il quale delle squadre lanciano lungo un percorso , “a maiurchèa”, tipico formaggio pecorino stagionato. Il martedì grasso, durante la Sagra del Maiorchino si possono gustare ricotta, maccheroni di casa conditi con sugo di maiale e cosparsi di maiorchino grattugiato.
Nel palermitano si festeggia a Partinico e a Termini Imerese, dove si può assistere al rogo dei due fantocci del “nannu” e della “nanna”, che concludono simbolicamente la festa. Gli stessi roghi si possono trovare a Corleone, ma arricchiti da collane di salsiccia e portati a spalle dalla maschera del “Riavulicchio”, simbolo della rinascita di questa festa, non celebrata per oltre trenta anni e rinata negli anni 90. Suggestiva la manifestazione “Il Mastro di Campo” a Mezzojuso, sempre nel palermitano, che si svolge in piazza dove circa novanta personaggi indossano costumi del XV secolo raccontando la storia d’amore fra il Mastro di Campo e la Regina.
Ma tra i più famosi Carnevali i Sicilia c’è quello di Sciacca, in provincia di Agrigento, dove sono coinvolti artigiani, scultori ed architetti e si gustano salsiccia, maccheroni al sugo, vino e cannoli di ricotta e quello Acireale, in provincia di Catania che per l’occasione diventa teatro delle meraviglie per grandi e bambini e dove trionfano maschere, coriandoli, luci, fiori e musica. Le vie e piazze del centro storico di Acireale diventano la cornice ideale per uno spettacolo che raggiunge il suo apice con le sfarzose sfilate dei carri, realizzati da esperti e fantasiosi artigiani. In passato c’era, inoltre, l’abitudine di giocare tirando arance e limoni. 0
Nel catanese si festeggia anche a Belpasso con la consueta sfilata dei carri, preceduta dal recital dei poeti dialettali locali, a Bronte dove oggi, come in passato sfilano i “Laddatori”, maschere locali che rappresentano le classi più povere della città e a Paternò dove donne vestite con mantelli neri e maschere, invitavano gli uomini a danzare.
Importantissima anche la tradizioni culinarie legate a questa ricorrenza. Tra i primi i Maccheroni al ragù o “maccarruna di sdirrimarti”, o i più comuni “maccarruna ca sasizza” conditi con ragù di cotenna di maiale o salsa di pomodoro, il Minestrone del giovedì grasso, una zuppa con patate, fave secche sgusciate, cipolla, prezzemolo, lardo di maiale a cubetti, pepe e sale e lo stufato con il sugo di carne di maiale e la salsiccia, che viene preparato il martedì grasso.Tra i dolci, immancabili le chiacchiere, una sfoglia sottile con tanto zucchero a velo, le “Castagnole” e le “Zeppole”, frittelle rotonde ripiene di crema. Si preparano anche le “Teste di Turco” con uva passa e la tradizionale “Pignoccata” a base di farina, zucchero, tuorli, ed un pizzico di sale.
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