• Emergenza abitativa anche a Palermo
  • Sempre più numerose le famiglie che non riescono a pagare il canone di locazione di una casa o un mutuo
  • La battaglia per ottenere la casa di Enzo Di Piazza e della sua famiglia

Come in molte altre città è emergenza abitativa anche a Palermo. Un tema che rischia di produrre drammi sociali.
La crisi economica determinata dal Covid19 ha poi fatto il resto, acuendo le difficoltà di tantissimi nuclei familiari per i quali il diritto alla casa è diventato solo un miraggio.
La perdita del lavoro in alcuni casi e la drastica riduzione del reddito non permettono a sempre più famiglie di pagare il canone di locazione di una casa o un mutuo.
Secondo gli ultimi dati resi noti da Federcasa, in Italia l’emergenza abitativa riguarda un milione e 475mila famiglie. Ma sono dati che riguardano una realtà in parte sommersa.
Oggi vogliamo condividere con voi la storia di Enzo Di Piazza, palermitano di 45 anni, e della sua famiglia, sei persone tra le quali due figlie minori, che in poco tempo hanno perso tutto, casa compresa, e che si sono ritrovate a vivere in povertà e tra mille difficoltà.
Enzo non si arrende, e ci racconta della sua personale battaglia, anche contro la burocrazia.

Il sogno di una casa

“La parola casa – ci dice Enzo incontrandoci – per me significa avere delle radici, la sicurezza di riuscire a ‘tenere’ la famiglia sotto controllo, magari sedendosi sul divano la sera a raccontarsi i propri problemi. Noi tutto questo non lo abbiamo da anni. Le mie figlie stanno crescendo ma senza radici, le vedo sconfortate e demotivate. E questo succede anche perché ci sono molte mele marce nella nostra società, perfino nelle istituzioni”.

I problemi di Enzo iniziano nel 2007

Enzo e la sua famiglia non hanno una casa nella quale sentirsi al sicuro da molti anni.
Nel 2007 infatti, a causa di un brutto incidente che lo costringe a non poter lavorare per un lungo periodo, Enzo perde la sua occupazione.
Seguono il grave disagio economico e lo sfratto per morosità, più volte, da più abitazioni.
Gli anni successivi sono costellati da disagi di ogni tipo che rendono difficile la quotidianità.

L’occupazione di un rudere all’Addaura

A ottobre 2018, Enzo, che teme di finire per strada, occupa un vecchio rudere di proprietà del Comune di Palermo all’Addaura, trasformandolo in una abitazione dignitosa in cui vivere.
Essendo un ex operaio edile, provvede da solo, a proprie spese, a ristrutturare gli ambienti rendendoli vivibili. Enzo, la moglie e le figlie non si danno per vinti e credono di aver trovato la loro stabilità. Dopo un anno e due mesi, il Comune di Palermo, approva un progetto di riqualificazione di quell’area. Enzo e la moglie, temendo di dover dire addio a quella ‘soluzione’ abitativa, incontrano assessori, dirigenti e funzionari facendo presente che non sanno dove andare. Non c’è niente da fare. “Un giorno – racconta Enzo – intervengono la polizia municipale e le forze dell’ordine, ci mandano via, ‘buttano’ le nostre cose per strada, mobili ed effetti personali. Ci è crollato il mondo addosso”.

Le case vacanze ed i b&b

Enzo e la moglie chiedono ancora aiuto al Comune che offre loro l’inserimento in un progetto definito “accompagnamento all’autonomia abitativa”. E’ un budget economico che il nucleo familiare può utilizzare per pagarsi un affitto per un periodo massimo di due anni.
Accettano dunque la proposta dell’allora assessore alla Cittadinanza solidale Giuseppe Mattina.
Ma trovare casa con i pochi soldi a disposizione è assai difficile: Enzo e famiglia girano anche tra case vacanze e b&b, nei posti più economici. “Siamo stati ovunque – ricorda l’uomo – sempre a girovagare, sempre per poco tempo, con poche cose dietro, ormai non abbiamo più niente”.
La famiglia Di Piazza, che è anche in graduatoria di emergenza abitativa, accetta tutti i progetti che il Comune gli propone ma Enzo chiede per iscritto di avere rassicurazioni rispetto al fatto che non verrà escluso dalla graduatoria, e presenta una dichiarazione ufficiale con la quale si rende disponibile ad accettare un eventuale alloggio confiscato in auto recupero, provvedendo da solo ad eseguire i lavori di manutenzione.

L’attesa infinita

Enzo e la sua famiglia vivono, dall’agosto scorso, in un locale attiguo ad un istituto religioso gestito da suore cappuccine. Due piccoli vani, da dividere in sei persone, più il cane. Enzo dorme sul divano in cucina, la moglie e la figlia più piccola su un lettino, sempre in cucina. Il vano più ‘grande’ e un’altra cameretta sono occupati dalle altre tre figlie. Una ‘casa’ minuscola dove tutto diventa difficile. Il Comune paga un canone mensile. E ancora al Comune, era stato detto alla famiglia Di Piazza, che sarebbero rimasti lì per poco, in attesa di aver assegnato un alloggio adeguato alle loro esigenze. L’alloggio ad un certo punto è arrivato, ma, non si sa bene per quale ragione, è sfumato tutto.

Le proposte non concrete

C’è un passaggio precedente però. E lo racconta ancora Enzo. “Ci dicono – precisa – che avevano individuato un immobile per noi, e che sarebbe stato pronto per settembre. Passano le settimane e non succede niente. A novembre scorso ci propongono un immobile di 50 metri quadri, totalmente da ristrutturare, con a mio avviso decine di migliaia di euro da spendere. Non possiamo accettare e aspettiamo ancora. Prima era successa una cosa analoga, ci era stato proposto un altro alloggio da auto recuperare, e noi eravamo disposti ad accettare, ci avevano detto che nel giro di qualche giorno sarebbe stata ufficializzata l’assegnazione. Passano i giorni, anzi, passano sette mesi, e il Comune scopre che l’alloggio è già occupato. Insomma, iniziamo a sentirci presi in giro”.
Enzo e la famiglia, tuttavia, sono speranzosi. Il loro obiettivo è avere una casa adeguata e dignitosa.

Arriva la casa ma è un bluff

Il 20 aprile scorso Enzo viene convocato dai servizi sociali che lo seguono da anni.
Alla famiglia viene dato appuntamento davanti a un palazzo di via Generale Chinnici, nella zona di corso Calatafimi. Si tratta di un alloggio confiscato alla mafia da auto recuperare.
I Di Piazza visitano l’appartamento. Enzo e la moglie nemmeno si guardano o consultano, accettano subito, nonostante siano necessari lavori di manutenzione nel vano cucina e il ripristino dell’impianto elettrico ed idraulico. Quella casa è perfetta per le loro esigenze.
Enzo e la moglie sanno bene che dovranno affrontare un grosso sacrificio economico ma nulla li spaventa. Hanno le lacrime agli occhi, il loro sogno di avere una casa si è finalmente avverato.
All’incontro c’è anche un funzionario del settore Risorse immobiliari del Comune di Palermo.
Il funzionario e l’assistente sociale presenti inviano una relazione all’allora assessore Mattina, relazione in cui viene specificato che il nucleo familiare accetta l’alloggio nelle condizioni in cui si trova. Viene chiesto all’assessore di inoltrare tutto alla dirigente del settore “Dignità dell’Abitare”.
La famiglia è felice, perché gli viene comunicato che entro un paio di giorni verranno consegnate le chiavi e si procederà anche alla consegna ufficiale dell’alloggio.
Invece di giorni ne passano otto. Enzo si reca al settore Dignità dell’Abitare per chiedere delucidazioni e si trova davanti ad una situazione paradossale. Gli viene detto, senza troppi giri di parole, che l’appartamento è stato assegnato ad un altro nucleo familiare.
Enzo si sente intrappolato in un incubo. Quell’alloggio visionato e accettato dai Di Piazza assegnato ad altri. Perché? Come è potuto accadere?
Per dovere di cronaca va detto che quest’altra famiglia è iscritta alla graduatoria di emergenza, vive in condizioni precarie ma, secondo Enzo, non tanto quanto le proprie. Si tratta di un nucleo familiare anch’esso di sei persone, con la differenza che nella famiglia di Enzo ci sono due figlie minori, che il progetto di accompagnamento all’autonomia abitativa è giunto al termine e le suore cappuccine hanno più volte detto ai Di Piazza che devono andar via.
Enzo non si è arreso. Sconfortato ma assai determinato ha incontrato Mattina, che gli avrebbe riferito che non era più possibile tornare indietro. “Questa cosa mi ha colpito – dice Enzo – perché neanche c’era una determina ancora. Ho cercato di farli ragionare dicendo loro che stavano sbagliando, che c’era un abuso, che la dirigente sapeva già che l’immobile era destinato alla mia famiglia. Ho dovuto fare intervenire la Procura di Palermo”.

La spiegazione dei fatti da parte del legale di Enzo

“Il signor di Piazza – spiega l’avvocato Corrado Sinatra che lo assiste – ha presentato una querela alla Procura della Repubblica non ritenendo che l’iter amministrativo fosse proceduto in maniera corretta. Dopo l’assegnazione all’altra famiglia Di Piazza ha chiesto di vedere la determina per capire se l’assegnatario avesse o meno i titoli per stare davanti a lui nella graduatoria.
Mattina a voce gli aveva detto che sicuramente si trattava di un errore. Un’altra funzionaria dell’area Cittadinanza solidale del Comune, lo aveva confermato”.
Cosa è accaduto poi? Enzo ha presentato anche una istanza di autotutela. “In pratica – spiega ancora il legale – ha chiesto all’amministrazione comunale di annullare il provvedimento dirigenziale.
La dirigente in un carteggio con Mattina aveva affermato che l’assegnazione aveva riguardato l’altra famiglia che era a parità di punteggio con Di Piazza ma che si trovava anche in un’altra graduatoria. Esistono tre graduatorie, A, B e C. E’ previsto che le case disponibili vengano assegnate per il 50 per cento a nuclei familiari della graduatoria A, a nuclei della B per il 25 per cento e a nuclei della C ancora per il 25 per cento.
Ora Di Piazza punta all’annullamento dell’istruttoria amministrativa che ha assegnato la casa all’altra famiglia ed il ripristino della procedura che prevedeva l’assegnazione al suo nucleo familiare”.
Si verifica poi, secondo l’avvocato, un altro fatto anomalo.
“La delibera di assegnazione all’altra famiglia – dice Sinatra – arriverà solo il 13 maggio. Quando l’altra famiglia va a vedere la casa, e capisce che bisogna ripristinarla, decide di non trasferirsi. Risultato? L’altra famiglia continua ad occupare un immobile in via Brigata Aosta, per il quale il Comune paga affitto e spese condominiali, mentre la casa di via Chinnici è vuota e i Di Piazza sono attualmente ancora senza casa”.
Inoltre “la scelta di servizi sociali e Settore Patrimonio di assegnare la casa di via Chinnici ai Di Piazza era legata al contesto dell’emergenza familiare, perché i figli dei Di Piazza frequentano la scuola in quel quartiere, che è proprio quello di provenienza della famiglia, quindi i Di Piazza hanno diritto a quella casa non solo per questioni di graduatoria, ma anche per la loro situazione di radicamento nel territorio”.
Prosegue l’avvocato: “Il vero problema è la discrezionalità amministrativa; spesso i regolamenti comunali sono rigidi e di difficile interpretazione, quindi le decisioni sono lasciate proprio alla discrezionalità amministrativa. Questa è una criticità.
La famiglia che ha avuto assegnato l’immobile si trova nella graduatoria C, ma si tratta di una graduatoria non aggiornata, risalente a febbraio, solo per questo motivo le due famiglie hanno lo stesso punteggio. Bisogna ancora puntualizzare che le famiglie che accettano un immobile proposto dal Comune, sono esonerate dal pagamento del canone, ma si impegnano ad eseguire i lavori di ripristino. La famiglia alla quale è stato assegnato l’immobile di via Chinnici, che comunque ha una casa nella quale abitare, non si è ancora trasferita, né sono iniziati i lavori”.

Le richieste di Enzo al Comune di Palermo

Enzo non intende retrocedere di un solo passo. “Io al Comune chiedo – dice – che sia fatta una revoca a questa famiglia perché queste persone non sono in emergenza quanto noi. Ancora non abitano nella casa di via Chinnici. Io, se mi avessero dato le chiavi, mi sarei trasferito il giorno stesso, perché qui dalla suore non possiamo più stare. Poi, con calma, avrei iniziato a fare i lavori di ristrutturazione”.
Dopo la denuncia di Enzo il Comune gli ha proposto altri alloggi, troppo piccoli per sei persone, dove, a detta di Enzo, sono molti i soldi che è necessario spendere per renderli vivibili.
Soldi che Enzo, che vive con il reddito di cittadinanza, non ha.
“Si tratta di case praticamente distrutte – tuona Enzo – . E facendomi vedere questi alloggi è come se mi volessero tappare la bocca o darmi il ‘contentino’. Ripeto che io e la mia famiglia avevamo accettato la casa di via Chinnici, l’abbiamo visitata con le nostre figlie. Non riusciamo ancora a capire perché sia stata assegnata ad un’altra famiglia. Io reputo quanto accaduto un atto immorale”.

La difficile quotidianità

“Adesso viviamo malissimo – conclude Enzo – in condizioni pessime, e tutto questo comincia ad essere molto pesante. Siamo scomodi, tristi e delusi. Ci sentiamo abbandonati dal Comune di Palermo, anche se devo dire si sono attivati diversi settori, ci aiutano la nostra assistente sociale e l’assessorato alle Politiche sociali. Ma rispetto a quello che è successo a noi c’è troppo silenzio.
Il Comune ci propone altre soluzioni quando la soluzione già c’era. Ripeto, per me è stato compiuto un atto immorale”.

La replica dell’assessore alla Cittadinanza solidale Cinzia Mantegna

Contattiamo il neo assessore alla Cittadinanza solidale del Comune di Palermo, Cinzia Mantegna, per chiederle cosa sia accaduto.
L’assessore ci risponde, con molta gentilezza, che “la famiglia Di Piazza è già stata ascoltata e presa in carico dai servizi sociali”. Chiediamo se ci sia stato un errore nell’assegnazione dell’alloggio.
“Non c’è stato un errore – dice l’assessore – probabilmente c’è stato in qualche modo un equivoco, o un problema di comunicazione rispetto al fatto che la casa era stata visionata ed assegnata.
Quella della famiglia Di Piazza è una situazione assai delicata che stiamo cercando di risolvere.
Ci stiamo impegnando veramente tanto per aiutare la famiglia ad uscire da questo problema di marginalità, non ritengo opportuno aggiungere altro “.

I numeri dell’emergenza abitativa a Palermo

Attualmente a Palermo la graduatoria per l’emergenza abitativa conta circa 2500 nuclei familiari.
Lo conferma Tony Pellicane, portavoce del Comitato di Lotta per la Casa che sta affiancando Enzo nella sua battaglia.
“Dobbiamo precisare però – dice Pellicane – che i numeri relativi alle famiglie senza casa sono sicuramente più alti, in quanto tante famiglie, soprattutto con bambini, decidono di non iscriversi alla graduatoria di emergenza perché in questa città, e un po’ in tutta Italia, è passato un messaggio sbagliato in questi anni. E cioè che laddove ci sono contatti con i Servizi sociali possano essere allontanati i bambini dalle famiglie, questo crea molto timore. Molte famiglie non si iscrivono alla graduatoria per questa paura, che devo dire, per onestà, è immotivata. E lo voglio dire proprio per dare coraggio a queste famiglie. C’è una normativa nazionale che dice che se il problema vissuto dalla famiglia è legato alla povertà, mai nessuno, mai alcun assistente sociale potrà allontanare un bambino dalla propria famiglia”.

Tante storie cariche di dolore e di speranze

Il Comitato di Lotta per la Casa nasce a Palermo nel 2002 con l’occupazione della Cattedrale della città, durata circa un mese, da parte di una ventina di famiglie. “Lanciammo – ricorda Pellicane – la forte richiesta di utilizzare gli alloggi confiscati alla mafia a favore dei senza casa. A Palermo oggi circa 250 famiglie vivono in alloggi regolarmente assegnati, provenienti da confische.
E’ un piccolo risultato ma importante, che abbiamo ottenuto semplicemente mettendo assieme le nostre rivendicazioni, portando avanti un progetto e quando è stato necessario anche protestando”.
E ancora: “I numeri relativi all’emergenza abitativa a Palermo negli anni sono cresciuti e oggi fanno riflettere. Quando nasce ufficialmente la graduatoria per l’emergenza abitativa, intorno al 2010, perché prima esisteva una lista e non una graduatoria, i nuclei familiari iscritti erano circa 800. Adesso sono triplicati. E’ un segnale preoccupante. La responsabilità va attribuita a tutti i tagli del governo nazionale relativi alle politiche dell’abitare che si ripercuotono a cascata sui governi regionali e sull’amministrazione comunale. E poi, a Palermo, il problema dell’emergenza abitativa non è mai stato affrontato in quanto tale. Ancora oggi viene fronteggiato come se fosse ordinaria amministrazione”.

La richiesta alle istituzioni

Il Comitato di Lotta per la Casa continua a chiedere aiuto alle istituzioni. Da pochi giorni il Comune di Palermo ha approvato una modifica del Regolamento sui beni confiscati; il Comitato si augura che aumenti il numero degli alloggi confiscati alla mafia da destinare alle famiglie senza casa.
“Un altro passaggio importante – spiega Pellicane – è che si stanno creando gli strumenti per fare finalmente chiarezza sui numeri. Perché in tutti questi anni c’è sempre stato un ‘balletto’ sul numero di alloggi disponibili. Alle istituzioni chiediamo di utilizzare strumenti adeguati all’emergenza, la gente non può aspettare i tempi della politica né quelli della burocrazia, altro ‘cancro’ che causa tanto dolore a queste famiglie.
I dirigenti a volte fanno bene il loro lavoro, in altre occasioni però non si immedesimano nelle storie di queste famiglie, creando un cortocircuito, perché la famiglie non hanno bisogno solo di un alloggio bensì di essere anche supportate confortate”.
Conclude Pellicane: “Un dirigente non può permettersi di dire a una famiglia ‘decido io a chi assegnare gli alloggi’, così come non si può far vedere un alloggio a una famiglia che lo accetta per poi ‘dirottarlo’ su un’altra. E’ una sorta di guerra tra poveri. Le politiche dell’amministrazione comunale hanno affrontato l’emergenza abitativa solo da un punto di vista assistenziale.
Per carità, l’assistenza che ben venga, ma solo assistenza significa condannare le famiglie a vivere in una sorta di baratro a vita, significa spostare il problema nel tempo non risolvendolo.
Il Comitato negli anni ha suggerito soluzioni, a volte anche a costo zero, mai messe in pratica dall’amministrazione comunale.
Infine mi preme ricordare che nella scorsa consiliatura si sono tenuti ben due consigli comunali di emergenza proprio sull’urgenza abitativa a Palermo. Noi portammo un pacchetto di proposte, accolte da tutto il consiglio comunale e dagli assessori di competenza.
Sono rimaste purtroppo lettera morta. Il sindaco Orlando, allora, in una intervista dichiarò che entro sei mesi avrebbe risolto l’emergenza abitativa a Palermo. Purtroppo, i numeri di oggi, ci dicono che non è stato così”.

Enzo continua, ogni giorno, a recarsi al Comune rivendicando il suo diritto ad ottenere quella casa. Dobbiamo precisare che, nonostante abbia risposto alle nostre domande il vertice dell’amministrazione comunale, nella persona dell’assessore Mantegna, abbiamo anche provato a contattare telefonicamente, ma senza successo, la dirigente coinvolta in questa vicenda.
Ovviamente restiamo a disposizione per eventuali repliche e osservazioni.

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