La Cassazione ha accolto il ricorso della Uila nell’interesse di circa 70 precari agrigentini dell’Esa, l’Ente di sviluppo agricolo, annullando la pronuncia della Corte d’appello di Palermo che aveva ribaltato la decisione del tribunale di Agrigento.

I giudici d’appello quantificheranno risarcimento a lavoratori

La parola torna ai giudici d’appello per quantificare il risarcimento ai lavoratori. Il risarcimento ammonterebbe a “circa 25 mila euro per ciascun operatore, conteggiando pure le spese legali”, afferma Mariangela Acquisto, avvocata e segretaria della Uila di Agrigento, che parla di “risultato storico” sottolineando come “la Cassazione abbia indicato con chiarezza i paletti oltre i quali i contratti a tempo determinato non sono consentiti. Paletti oltrepassati nel caso degli operatori a tempo determinato dell’Esa di Agrigento, impiegati per decenni con rapporti lavorativi stagionali”.

Controversia iniziata nel 2018

La controversia era iniziata nel 2018, quando gli iscritti Uila si erano rivolti alla magistratura perché venisse riconosciuta l’illegittimità della loro condizione di operatori impiegati con una lunga serie di contratti a termine, alcuni addirittura dal 1985, nel centro Esa di macchinazione agricola.

Cosa ha detto la Cassazione

Per la Cassazione, “la deroga al divieto di superamento del limite massimo di 36 mesi dei contratti di lavoro a tempo determinato è applicabile, anche nel settore dell’agricoltura, solamente quando riguardino attività stagionali”. E non è qualificabile come tale, si legge nella sentenza, “quella che non dipenda dall’ordinaria scansione temporale delle comuni incombenze”, come la custodia, riparazione e manutenzione degli impianti e dei macchinari e, in genere, di preparazione alla nuova stagione piena, con la conseguenza che i lavoratori addetti stabilmente a simili attività e oltre i tempi indicati nella normativa nazionale in tema di contratti a tempo determinato, devono essere dipendenti a tempo indeterminato”.

La Suprema corte, infine, ha precisato che il carattere stagionale delle prestazioni deve risultare dalla causale dei contratti e, in caso di contestazioni sollevate dal lavoratore, il giudice è tenuto ad accertare queste circostanze in concreto, mentre l’onere di provare che il lavoratore fosse addetto esclusivamente ad attività stagionali, grava sul datore di lavoro.