Per la tragedia di Casteldaccia del 2018 la Procura di Termini Imerese chiede la condanna di sindaco, funzionario comunale e proprietario della villetta dove avvenne la strage per oltre 10 anni di carcere. Secondo quanto riporta il Giornale di Sicilia le pene più alte, vale a dire 4 anni ciascuno, per il sindaco Giovanni Di Giacinto e per la responsabile della Protezione civile comunale Maria De Nembo. Altre 3 anni e 4 mesi chiesti invece per Antonio pace, proprietario della villetta ritenuta abusiva.

Sindaco: “Coscienza a posto”

Il sindaco, sempre sulle pagine del Giornale di Sicilia, si dice “sereno e con la coscienza a posto convinto della sua estraneità ai fatti. Archiviate altre posizioni di dipendenti e funzionari comunali. La tragedia si consumò il 3 novembre 2018. L’esondazione del fiume Milicia, dovuta alle piogge intense, causò la morte di 9 persone che si trovavano nella villetta abusiva costruita proprio nei pressi del fiume. Un’intera famiglia distrutta dalla furia dell’acqua e del fango. 

La tesi dell’accusa

I periti dell’accusa hanno evidenziato come l’esondazione del fiume Milicia fu un evento eccezionale, ma la morte di nove persone si poteva evitare. La difesa del sindaco Di Giacinto, però, ha depositato un dossier secondo cui il Comune di Casteldaccia nel giorno della tragedia non avrebbe ricevuto alcuna indicazione dalla Protezione civile regionale. Quella sera un’esondazione del fiume Milicia travolse la villetta di Casteldaccia nella quale era riunita la famiglia Giordano. Morirono in nove: Francesco Rughoo, Monia, Antonio, Marco, Federico e Rachele Giordano, Nunzia Flamia, Matilde Comito e Stefania Catanzaro.

Casa in comodato d’uso

Secondo gli inquirenti, i proprietari avevano dato la loro casa in comodato d’uso ai Giordano senza riferire che sull’abitazione pendeva un’ordinanza di demolizione per abusivismo edilizio. Tuttavia, nel corso di una conferenza stampa, gli stessi proprietari dell’immobile avevano dichiarato di non essere stati a conoscenza dell’atto comunale. La versione fu smentita dal procuratore Ambrogio Cartosio secondo cui i proprietari sapevano, come anche il Comune del Palermitano. L’ordinanza di demolizione era datata 15 luglio 2008 ed era stata notificata l’1 agosto successivo. Poi era stata impugnata dai coniugi Pace al Tar, che non diede la sospensiva e dunque la casa avrebbe dovuto essere immediatamente abbattuta.

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