Insieme a Matteo Messina Denaro è stato arrestato anche Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara – nel Trapanese – accusato di favoreggiamento. Avrebbe accompagnato il boss alla clinica per le terapie. Si tratta dell’autista che attualmente viene interrogato. L’inchiesta è soltanto all’inizio.

Caccia alla filiera di fiancheggiatori

Fa riflettere la circostanza che il boss fosse a Palermo, in una clinica piuttosto nota, e non in qualche buco impenetrabile o magari all’estero, in uno di quei paesi senza estradizione.

Niente di tutto questo, è stato bloccato a Palermo, come, esattamente, 30 anni fa, Totò Riina, fermato a bordo di una macchina, guidata, pure in questo caso da un autista, di cui, evidentemente i boss non possono farne a meno.

Salvatore Borsellino tra soddisfazione ed amarezza

“Da un lato la soddisfazione per la cattura di un criminale. Dall’altro l’amarezza che si siano voluti 30 anni per arrivare a questo risultato”. E’ il commento di Salvatore Borsellino fratello del giudice Paolo ucciso dalla mafia il 19 luglio del 1992.

“La sensazione, il sospetto che anche questo arresto sia il risultato di una trattativa. Da tempo si sapeva che il boss era malato e stava trattando la sua cattura – aggiunge Salvatore Borsellino – Da tempo giravano voci circa la possibilità che si potesse arrivare all’epilogo della latitanza. Vedremo se lo Stato pagherà a breve il prezzo di questa cattura come la concessione dei benefici a uomini come i Graviano e i capi mafia che stanno in carcere”.

La latitanza di Matteo Messina Denaro

La latitanza di Messina Denaro era cominciata poco dopo l’arresto di Riina, nel maggio successivo, e finisce esattamente trent’anni dopo.
Più volte era sfuggito alla cattura, decine i favoreggiatori arrestati negli anni, e ammontano a centinaia di milioni i beni sequestrati a lui e ai suoi parenti.

I tanti depistaggi

Più volte avvistato secondo dei testimoni ma mai finito in manette, tra depistaggi, piste false e voci di una plastica facciale che avrebbero complicato la sua individuazione, negli anni di latitanza le ricerche sono state portate avanti anche in Germania, a Pisa e a Lamezia Terme, in seguito ai racconti di alcuni pentiti.

Nel 2013, il maresciallo capo dei carabinieri Saverio Masi denunciò i superiori per un fatto del 2004, quando secondo la propria versione individuò in strada il latitante Messina Denaro e lo seguì fino all’ingresso di una villa.

I suoi superiori però, lo avrebbero intimato di non proseguire nelle indagini. In seguito, fu denunciato per calunnia. A ogni modo, il giorno tanto atteso per la lotta alla legalità è arrivato in un freddo lunedì di metà gennaio e la cattura di Messina Denaro dopo una lunga latitanza durata tre decenni assicura alla giustizia uno dei più sanguinari mafiosi.

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