Appelli accorati e sit-in che a nulla sembrano essere serviti. I dipendenti del Cerisdi, che non ha più soldi in cassa, non sanno ancora cosa ne sarà di loro.

“Se la speranza di mantenimento del posto di lavoro era l’ultima cosa a cui appigliarsi – dichiara Mimma Calabrò Segretario Generale Fisascat Cisl Sicilia – dopo che l’ARS ha deliberato la revoca di qualunque finanziamento, stipendi compresi nonostante esista una legge in merito, il futuro dei 28 dipendenti del CERISDI ora è buio pesto. Su di loro pesa una liquidazione e il conseguente tutti a casa che diventa ogni giorno che passa un rischio sempre più concreto. L’Assemblea Regionale e la finanziaria hanno assestato un colpo terribile al CERISDI ma ancor di più al personale del Centro”.

Per il sindacato beghe politiche e le scelte di razionalizzazione e di risparmio imposte dal Governo nazionale c’entrano, ma fino a un certo punto.

Al CERISDI viene data la possibilità di accedere a un bando tutto da disciplinare e pubblicare a data da destinarsi con una dotazione finanziaria che e sarà suddivisa tra i vari assessorati. Una soluzione che convince poco e getta più di un’ombra sulle reali intenzioni del Governo targato Rosario Crocetta di mantenere il Centro di Castello Utveggio.

“Quanto sta accedendo – continua la Calabrò – ingigantisce la rabbia e lo sconforto dei dipendenti che si ritrovano con un pugno di mosche in mano dopo le tante rassicurazioni ricevute da Governo Regionale e dagli stessi deputati dell’ARS sul fatto che il rigore della legge finanziaria non avrebbe intaccato il loro futuro professionale. Adesso un’altra assemblea, stavolta quella dei Soci (Comune e Ircac socio fondatore e organismo di vigilanza della Regione nell’amministrazione del Centro di Castello Utveggio) dovranno decidere il da farsi sul prossimo futuro del Centro e su quello dei dipendenti che mai avrebbero pensato un simile epilogo dopo i fasti del recente passato. Il Governo regionale – prosegue il sindacato – poco più di un anno fa dichiarava ufficialmente la liquidazione del Centro tranne che tornare sui suoi passi poco dopo e nominare una nuova Governance guidata dal giornalista Salvatore Parlagreco ultimo baluardo di una vicenda che ha del grottesco e che si scontra però col dramma di chi perde per decisioni politiche il lavoro in una terra dove il lavoro non c’è perché non c’è proprio il mercato del lavoro”.

Del personale del CERISDI si sa molto ma forse non tutto. Loro di questa situazione, comunque la si pensi, sono le vere vittime sacrificali con lo spettro della disoccupazione dopo oltre mediamente 20 anni di lavoro, a servizio dell’Istituto definito di eccellenza dalla stessa Regione che lo costituì.

“I 28 dipendenti hanno fatto sentire la loro voce in tutti i modi – tuona Mimma Calabrò – chiedendo più volte un incontro col Governo della Regione per dimostrare e testimoniare che comunque hanno sempre fatto il loro dovere nonostante svariate mensilità non retribuite e condizioni di lavoro molto precarie, senza riscaldamenti, senz’acqua e via dicendo. Hanno fatto tutto il possibile per salvaguardare la loro dignità, indiscutibilmente lesa e hanno persino aspettato le decisioni dell’Assemblea dei Soci- IRCAC e Comune di Palermo- ai quali spetterà il compito, Regione compresa, di staccare o meno la spina fra meno di un mese. Fino ad ora le riunioni e le procedure legali portate avanti hanno via via, subito una sospensione in attesa del verdetto ufficiale soprattutto dell’ARS- l’Assemblea Regionale Siciliana che nel 1995 istituì la famosa Legge 47 tutt’ora vigente, passata alla storia come legge SalvaCERISDI che ha consentito per anni a centinaia di dirigenti e funzionari della Regione Siciliana e della Pubblica Amministrazione Locale di riqualificarsi e confrontarsi con omologhe realtà del territorio nazionale e comprendere gli effetti moltiplicatori di leggi e azioni amministrative a vantaggio delle collettività. Uno studio che i dipendenti del CERIDI, i ricercatori stabili formati negli anni, hanno portato avanti con dedizione, forti delle loro competenze e dei loro sforzi in progetti stilati in Italia e promossi grazie ai fondi dell’UE. E da quei fondi che spesso la Regione Siciliana è costretta a rimandare indietro – il paradosso dei paradossi – potrebbe passare il loro futuro, loro che negli anni si sono spesso occupati di Programmazione Europea trasferendo grazie ai progetti presentati all’UE, conoscenza e approfondimenti tecnici di cui hanno beneficiato i vari uffici dei Dipartimenti regionali. Cosa sia accaduto nel recente passato ancora non è chiaro ma pesa per i dipendenti del Centro di Castello Utveggio come un macigno”.

Il loro principale bacino economico con il quale garantivano l’alta Formazione a migliaia di dipendenti del settore pubblico è stato trasferito ora a Formez, ora a SNA – la Scuola Nazionale dell’Amministrazione.

“Un colpo inferto in maniera inopinata – conclude la Calabrò – che mette probabilmente la parola fine alla storia della formazione d’eccellenza e che rischia di far pagare un prezzo altissimo alle risorse umane del Centro dimenticate, forse, con troppa disinvoltura”.

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