Su 103 impiegati che per tre anni hanno percepito una pensione integrativa perché malati di talassemia, 54 erano falsi invalidi, stavano benone e non avevano mai fatto una trasfusione.

E’ quanto emerso nel corso dell’operazione “Sanguisuga” della guardia di finanzia. Gli uomini delle nucleo di polizia economica finanziaria di Palermo guidati dal colonello Cosmo Virgilio hanno raccolto la segnalazione dell’Inps e hanno incrociato i dati dell’ente di previdenza, quello degli ospedali e del “registro siciliano delle talassemie ed emoglobinopatie”.

Per ottenere le pensioni erano presentati documenti falsi con carta intestata e timbri risultati contraffatti: del servizio di medicina trasfusionale di Villa Sofia e Cervello, del responsabile della cardiologia sempre di Villa Sofia, della medicina trasfusionale e immunoematologica dell’azienda ospedale Civico di Palermo. I medici chiamati dalla finanza hanno dimostrato che i timbri con i loro nomi e cognomi erano falsi con errori marchiani come l’indirizzo sbagliato della struttura ospedaliera.

In quindici hanno ammesso la truffa e restituito i soldi, circa 513 euro al mese per 13 mesi, avuto in questi anni. Per altri 39 invece sono scattati i sequestri e le denunce disposti dal gip Annalisa Tesoriere su richiesta del sostituto procuratore Claudia Ferrari. C’è da recuperare un milione di euro e i finanzieri hanno sequestrato conti correnti, auto, moto e beni immobili.

I nuovi 54 indagati fanno parte di una tranche dell’inchiesta che già aveva portato al processo i primi 12 falsi invalidi. Molti veri malati di talassemia non erano a conoscenza della possibilità di ottenere un indennizzo. “Solo i pochi sfortunati che realmente sono affetti da questa patologia sanno che è possibile ottenere l’assegno dall’Inps – sottolinea il colonello Cosmo Virgilio – Per venire a conoscenza di questo aiuto era necessario che qualche addetto ai lavori facesse da collettore della truffa”.

Tra gli indagati anche due dipendenti infedeli dell’Inps che si sono auto attribuiti l’indennità. Manco a dirlo erano sani come pesci. Nelle indagini ci sono anche due titolari di Caf a Palermo che non appena hanno percepito che la truffa era stata scoperta hanno abbassato le saracinesche.

Rispetto ai lunghi e complessi iter per le pensioni di invalidità in questo caso il percorso era abbastanza spedito. Si otteneva il contributo se si aveva più di 35 anni di età, dieci anni di contributi da lavoro dipendente e si presentava un certificato medico che attestasse la patologia. Senza la denuncia del capo dell’Inps della sede di Palermo la truffa sarebbe andata avanti per anni e grazie ai Caf infedeli avrebbe anche allargato la platea dei falsi malati.