L’area attorno alla lapide che ricorda la strage di via D’Amelio, a Palermo, è diventata una colonia per gatti, con resti di cibo e feci. Lo denuncia pubblicamente Salvatore Borsellino, il fratello del magistrato ucciso il 19 luglio 1992 assieme agli uomini della propria scorta. La lapide si trova proprio nel luogo in cui avvenne quella terribile esplosione.

Salvatore Borsellino evidenzia di non avere nulla in contrario a un luogo di accoglienza per gli animali, ma chiede rispetto per quel posto che avrebbe tutt’altra funzione.

Un luogo simbolo di Palermo

“Questo è lo stato di un altro luogo simbolo a Palermo – afferma -. E’ giusto che i gatti abbiano qualcosa da mangiare e un ricovero, ma non c’era nessun altro posto per accoglierli?”. Salvatore Borsellino ha trovato piccoli ricoveri improvvisati, costruiti con polistirolo o mattoni, e decine di piatti con resti di cibo.

La risposta di Carolina Varchi: “Ripuliremo tutto”

“Ho ricevuto due segnalazioni da Salvatore Borsellino, una per via D’Amelio alla quale abbiamo già provveduto e finiremo la prossima settimana, e l’altra per via Cilea dove abitava Paolo Borsellino con la sua famiglia e dove è stata alimentata in qualche maniera una colonia di gatti nella lapide. Ho inoltrato la segnalazione alla collega Rosi Pennino (assessore comunale alle Attività sociali), la quale se ne sta occupando nel rispetto del decoro del luogo e del benessere degli animali”. Così il vice sindaco di Palermo, Carolina Varchi, in merito alle segnalazioni di Salvatore Borsellino.

“Voglio tranquillizzare i tanti amanti dei gatti – dice ancora Borsellino -.  Tra loro ci sono anche io, amo tutti gli animali, ne ho sempre avuto uno in casa, gatti e cani, spesso insieme ed hanno sempre convissuto in armonia, e se adesso non ne ho è perché la loro vita è troppo breve rispetto alla nostra, ci lasciano troppo presto e voglio risparmiarmi negli ultimi anni che mi restano un altra perdita oltre alle le tante che ho avuto nella mia vita. Non voglio che siano cacciati via, avrei voluto semmai che fosse stato scelto un altro posto per dare loro un rifugio e provvedere al cibo di cui hanno bisogno. Conoscevo da tempo l’esistenza di quella colonia di gatti in Via Cilea e non sarei mai intervenuto in proposito se non fossi stato spinto dall’indignazione per quello che è avvenuto in Via D’Amelio dove qualcuno degli inquilini di quel palazzo vicino al quale c’è l’albero di ulivo dedicato alle persone delle quali in quella strada è stata spezzata la vita, aveva preso l’abitudine, testimoniata dalle tracce ben visibili sulla lapide a loro dedicata, di fare utilizzare al suo cane quella lapide come una latrina”.

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