Via Maqueda in ginocchio per la crisi Covid2019, “meno cento per cento” l’iniziativa dei commercianti
1. I negozi di via Maqueda chiudono dal primo al 3 dicembre per protesta contro i mancati aiuti
2. “Senza aiuti immediati, per noi non c’è un domani”
3. L’iniziativa promossa dall’associazione “Palermo produttiva”
4. “Non ha senso stare aperti, il nostro fatturato è crollato del 90 per cento”
Via Maqueda propone il “meno cento per cento” Non è una folle promozione di fine anno ma la protesta di un gruppo di commercianti e imprenditori della zona centrale di Palermo. Dal primo dicembre, per tre giorni, terranno chiusi i loro negozi per protesta. Il loro simbolo è un albero di Natale appassito, morto. Un po’ come le loro aziende che stanno crollando a picco.
Poco o nulla cambia che la Sicilia passi da zona arancione a zona gialla. Sono sfumature che non cambieranno il corso della stagione commerciale, alle prese con i costi fissi impossibili da coprire e quella che viene definita una totale assenza di supporto da parte delle istituzioni.
Dall’inizio della pandemia covid 2019, le vetrine del grande vialone pedonale si stanno abbassando una alla volta. I commercianti sono allo stremo delle forze. Non sono negazionisti, sanno che il covid è un virus devastante e hanno provato in tutti i modi a mettere in sicurezza i loro siti. Ma non c’è niente da fare. Il crollo del fatturato di quella zona commerciale sfugge alle statistiche. Se le cifre statistiche parlano di una contrazione media tra il 20 e il 30 per cento, chi lavora in via Maqueda si deve confrontare con un fatturato giornaliero vicino allo zero.
La protesta di Palermo Produttiva
Per questa ragione, dal primo di maggio, è nata Palermo produttiva, associazione di commercianti e imprenditori di via Maqueda. Hanno scelto di debuttare proprio nel giorno in cui andrebbe celebrato quel lavoro che oggi non c’è.
Il racconto di questa disfatta annunciata, tra pasticci burocratici, codici Ateco e procedure di controllo stringenti, arriva dalla voce di Vittorio Provenza. Dal 1985 si occupa di moda. Appartiene ad una famiglia con il commercio nel Dna: “ siamo da sempre in questo settore – racconta Provenza – abbiamo iniziato tantissimi anni fa con delle concerie”.
A dare supporto ai commercianti di via Maqueda ci sono manager (Cleo Li Calzi) e studi legali. L’obiettivo dei commercianti è far sentire la loro voce prima che sia troppo tardi. Sempre Provenza spiega che “chi sta al governo ancora non ha capito che bisogna intervenire ora, perché noi non abbiamo un domani. Gestire il commercio richiede sacrifici, rischi e programmazione. Noi siamo rimasti fuori da ogni forma di sostegno. Quell’obolo da poche migliaia di euro che abbiamo ricevuto a giugno, in altri tempi l’avrei restituito al mittente. Perché oggi anche mille euro fanno la differenza tra restare aperti o chiudere”.
Polemiche con Confcommercio e Confesercenti
Il network dei commercianti è critico anche nei confronti delle associazioni di categoria, da Confcommercio a Confesercenti: “Certo, stanno facendo delle cose. Ci provano. Ma sono procedure lente, come se ci fosse ancora il tempo di dialogare e discutere. Per noi è una corsa contro il tempo. Se non arrivano aiuti subito, noi domani non ci saremo”.
C’è anche da dire che la pandemia covid ha fatto emergere piccole e grandi contraddizioni della burocrazia. Sul lato destro di via Maqueda, fa impressione la sequenza di vetrine chiuse, sporche e deturpate da cartelloni pubblicitari e poster incollati a casaccio. “Sono immobili di proprietà del Comune di Palermo – spiega Provenza – e non sono agibili. Chi è rimasto aperto in quel preciso posto lo può fare soltanto perché ha delle vecchie licenze ereditate dai parenti. Una voltura sarebbe impossibile”. Esiste anche il rischio di una guerra tra poveri, tra chi ha ricevuto aiuti e ristori e chi, invece, avendo la possibilità di restare aperto, non ha ottenuto nulla o quasi. A puntare il dito contro questa discrepanza è Danilo Li Muli, che contesta la scelta di definire gli aiuti a secondo dei codici Ateco. La crisi ha colpito duro in quella zona di Palermo e rischia di far crollare anche investimenti programmati da tempo.
Commenta con Facebook