L’emergenza Coronavirus che ci costringe tutti a casa e che ha drammaticamente fermato la produttività di questo Paese avrà conseguenze sul fronte economico certamente ben più gravi di quelle strettamente sanitarie. Naturalmente oggi si deve pensare alle vittime e alle cure e dunque non è eticamente possibile comportarsi in modo diverso da così ma esiste un rischio molto concreto che alle vittime del virus si aggiungano le vittime della crisi economica causata dalle misure anti virus.

Le prime avvisaglie di tensione sociale si sono avute con il tentativo di ‘forzare le casse avvenuto al supermercato Lidl di due giorni fa a Palermo da parte di 20 famiglie che non volevano pagare la spesa fatta ma si stiamo assistendo anche alla nascita di gruppi Facebook che inneggiano alla rivolta ed agli attacchi ai supermercati e ai tentativi di assalto organizzato attraverso chat whatsapp. Vicende che hanno indotto le forze dell’ordine a schierarsi nei pressi di grandi market per prevenire assalti.

Ma non ci sono soltanto gli episodi di disperazione. Esistono anche imprenditori che stanno vessando i propri dipendenti ottenendo prestazioni lavorative gratuite, non dovute, illecite approfittando della situazione di emergenza.

Sono decine le segnalazioni che arrivano al nostro giornale da parte di dipendenti posti in cassa integrazione o in ferie forzate ai quali viene richiesto ugualmente di lavorare gratis e spesso anche molto di più del proprio orario di lavoro. Non si parla di fabbriche o similari dove una simile azione di sciacallaggio nei confronti dei dipendenti sarebbe difficile visti i controlli. Le segnalazioni riguardano soprattutto uffici, studi professionali, centri di assistenza e così via.

Sfruttando l’emergenza Coronavirus i dipendenti vengono posti in cassa integrazione quando possibile oppure messi in ferie d’ufficio ma poi viene chiesto loro di lavorare da casa in smart working senza, però, far figurare che stiano lavorando. La scusa più usata nei casi che ci vengono denunciati riguarda l’equità nel trattamento da parte dei dipendenti. Esistono, infatti, categorie per la quali lo smart working non è ipotizzabile. Non si può mettere in modalità di lavoro agile un impiegato che solitamente controlla gli accessi o prende gli appuntamenti se l’attività è fisicamente chiusa. Ma può lavorare in smart working chi risponde alle istanze via mail o predispone documenti contabili, solo per fare alcuni esempi. Con la scusa di dover trattare allo stesso modo portiere e impiegato il datore di lavoro mette entrambi in ferie forzate ma chiede al secondo di lavorare lo stesso gratis “tanto non ha nulla da fare a casa tutto il giorno”. Ma ci sono anche risposta del tipo “siamo in emergenza, dobbiamo collaborare tutti per salvarci il posto di lavoro dopo” o richieste subdole del tipo “se qualcuno anche se siamo chiusi vuole dare una mano è gradito e ne sarà tenuto conto quando si riparte”.

Alle proteste la risposta che ci viene denunciata è sempre la stessa “Non posso trattarti in maniera diversa dal tuo collega”. ma i lavoratori sono diversi per tipologia di incarico. Ci sono attività per le quali è possibile lo smart working ed altre per le quali non lo è. Gli stessi decreti d’emergenza hanno distinto e indicato in maniera chiara l’esigenza di mettere in regime di smart working tutte le figure che possono essere impiegate in questa modalità.

La solita battaglia persa nel regime italico dove anche chi dovrebbe controllare che non avvengano abusi spesso chiude gli occhi, si gira dall’altra parte magari attuando la stesa politica di sciacallaggio approfittando del fatto che nulla di tutto ciò è verificabile a meno che non sia il dipendente a denunciarlo.

Sun questo tema, è utile ricordarlo, il Ministro della Funzione Pubblica ha richiamato anche le Regioni al rispetto dello smart working. Si è assistito perfino ad un botta e riposta fra Ministero e regione siciliana sull’applicazione del lavoro agile

Fermo restando l’appello forte allo Stato perché aiuti il tessuto produttivo, gli imprenditori, i professionisti che stanno subendo tragicamente gli effetti di questa crisi indotta dai provvedimenti, l’augurio è che passato tutto questo si intervenga con forza contro questi sciacalli. Che i lavoratori abbiano la forza di denunciarli e che i Tribunali del lavoro (a iniziare da quello di Palermo storicamente troppo aziendalista) emanino provvedimenti forti contro chi, in un momento di crisi senza precedenti, ha tenuto simili comportamenti da “padrone della ferriere di fine ottocento”.

(nella foto il ministro per la Funzione Pubblica Fabiana Dadone)

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