Le dichiarazioni del collaboratore di mafia Filippo Bisconti, uno degli uomini più in vista di Cosa Nostra, sono al centro dell’inchiesta per corruzione al Comune di Palermo.

Bisconti, imprenditore edile, ritenuto capo del mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno, zona che da un anno è segnata da una scia di fatti di sangue, fu arrestato dai carabinieri per associazione mafiosa il 4 dicembre 2018 nell’inchiesta Cupola 2.0.

Il boss, oggi collaboratore di giustizia ha raccontato agli inquirenti circostanze e dinamiche interne agli uffici tecnici comunali, riferendo in particolare gli interessi coltivati per anni dai dirigenti comunali Li Castri e Monteleone e dall’architetto Fabio Seminerio.

E sarebbe stato proprio quest’ultimo a rivelare a Bisconti i suoi interessi sull’edificazione di una ex zona industriale.

“Una volta – ha rivelato il collaboratore di giustizia – con Fabio Seminerio stavamo andando a Baida assieme e passando di là, parlo un 3 anni fa, qualcosa del genere, andavamo a Baida, io ero con lo scooter, passando di là dico ‘bel cantiere qua, mi piacerebbe costruire qua’. E Fabio Seminerio mi disse ‘levaci manu, ca c’è a cu c’interessa’… Già c’è un certo accordo, ora deve costruire un’altra persona”.

Il progetto, che doveva passare per una modifica del piano regolatore generale, sarebbe stato pilotato da un comitato d’affari formato, oltre che dall’architetto, dai dirigenti comunali Mario Li Castri e Giuseppe Monteleone, dagli imprenditori Giovanni Lupo e Francesco La Corte e dai due consiglieri comunali Sandro Terrani e Giovanni Lo Cascio, tutti oggi finiti ai domiciliari.

“L’inquietante contesto criminoso induce a ritenere del tutto ineludibile una sollecita applicazione di adeguate misure cautelari nei confronti degli indagati. Gli accertamenti svolti hanno ampiamente dimostrato come per gli indagati la corruzione altro non sia che un vero e proprio habitus mentale che ne connota l’agire quotidiano”. Lo scrive il gip Michele Guarnotta nell’ordinanza con cui ha disposto gli arresti domiciliari per due consiglieri comunali, due dirigenti comunali, due imprenditori e un architetto che avrebbero gestito illegalmente pratiche amministrative per edificare in ex zone industriali.

“I pubblici ufficiali coinvolti nell’indagine – scrive – hanno palesato in modo inequivoco la propria infedeltà agli apparati pubblici in cui si trovano incardinati, interpretando i rispettivi munera quali appetibili beni da mettere sul mercato onde conseguire continui vantaggi indebiti. Contestualmente, i costruttori e i professionisti coinvolti nella vicenda parrebbero pacificamente vedere nella corruzione una sorta di costo necessario dei rispettivi lavori, stabilmente preso in considerazione al fine di acquistare gli indebiti favori di pubblici ufficiali che possano coadiuvarli nella realizzazione dei rispettivi obiettivi economici”.

“Ciò che maggiormente colpisce – conclude il gip – è la naturalezza con cui i protagonisti della vicenda addivengono a continui e reiterati accordi corruttivi, vedendo nello strumento illecito un passaggio obbligato per il compiuto svolgimento delle rispettive attività professionali”.

I due dirigenti comunali di Palermo arrestati per corruzione “continuano a godere di un’ampia fiducia all’interno degli organigrammi comunali, sicché appare chiaro che, in assenza di un’adeguata misura cautelare potranno continuare a beneficiare di incarichi apicali all’interno dell’Area tecnica e di ogni altra struttura amministrativa”.

Lo scrive il gip che li ha arrestati per corruzione. Per il magistrato sarebbe “pericoloso per il buon andamento della macchina comunale continuare ad affidare funzioni di rilievo a due soggetti palesemente inclini a delinquere”. “Neppure va sottaciuto – aggiunge – quanto emerso all’esito del processo di primo grado in cui entrambi sono risultati condannati per il reato di lottizzazione abusiva. Proprio nell’ambito di quella vicenda, è emersa con forza la vera e propria indifferenza dei due dirigenti comunali per i beni pubblici legati alla tutela dell’ambiente e al buon governo del territorio che, nell’ottica di chi dirige uffici all’interno di qualsiasi Area tecnica comunale, dovrebbero semmai rappresentare un vero e proprio faro atto a guidare ed illuminare ogni scelta amministrativa”.

“Li Castri (uno dei due dirigenti arrestati, ndr) continua a tutt’oggi a vantare un inusitato potere decisionale in relazione all’intera organizzazione comunale”, prosegue. Il gip sottolinea anche “la strettissima contiguità che, nonostante le recenti vicende giudiziarie che lo hanno riguardato, continua a legare Li Castri all’assessore Emilio Arcuri, contiguità ad esempio tradottasi in vere e proprie richieste di suggerimenti/nulla-osta che l’assessore ha avanzato sulle modalità con cui ruotare gli incarichi dirigenziali all’interno dell’Area tecnica comunale”.

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