Le oltre 100 imprese siciliane creditrici del gruppo Cmc di Ravenna in crisi hanno inviato diffide e istanze di pagamento per oltre 50 milioni di euro all’Anas e ai General contractor del gruppo Cmc aggiudicatari degli appalti della Agrigento-Caltanissetta, della Palermo-Agrigento e della metropolitana di Catania; in vista dell’incontro di mercoledì prossimo con i debitori a Roma ribadiscono che i lavori non potranno riprendere se prima non saranno pagati i crediti pregressi e preannunciano eclatanti azioni di protesta se non avranno risposte e se il governo nazionale continuerà a tenere un atteggiamento distaccato.
“E’ evidente – spiega il Comitato delle imprese creditrici – che il problema è stato provocato dal disinteresse del precedente governo nazionale, e dall’Anas che non ha vigilato fino in fondo sulla corretta gestione della Cmc. Ma adesso al governo, a Palermo e a Roma, ci sono altri, che hanno il dovere di agire per evitare il tracollo di mezza Sicilia. Mentre l’Esecutivo regionale, avendo a cuore gli interessi delle comunità e delle imprese colpite da questa crisi, responsabilmente ha incalzato Anas e Cmc ed è disposto a fare un sacrificio in compartecipazione se avrà l’avallo del governo nazionale, quest’ultimo si avviluppa in tentennamenti e neanche risponde alle nostre richieste di essere ricevuti. E’ come se temesse di essere ‘contaminato’ da comportamenti del passato”.
Così il Comitato lancia un ultimatum al governo nazionale: “Basta perdere tempo, pagateci il pregresso, non cederemo ai ricatti”.
Il riferimento è alla paradossale situazione che si è venuta a creare: “Il ministro Toninelli sostiene di avere sbloccato la situazione grazie all’accordo tra Anas e Cmc che prevede la ripresa dei lavori entro fine mese, ma in realtà non si preoccupa dei soldi per pagare i lavori già fatti: sostiene che la competenza sui debiti della procedura concordataria è del ministero dello Sviluppo economico. Così finisce che nessuno decide niente”.
“Temiamo che alla fine ci sia un colpo di spugna sul passato. Anas non può pagare perché servirebbe una deroga dal governo, diversamente si esporrebbe a gravi rischi e, quindi, minaccia di rescindere i contratti se i lavori non riprenderanno subito. Se ciò avvenisse e la Cmc fallisse, nessuno dei creditori prenderebbe un euro. Cmc dice che per lei i lavori possono riprendere subito, ma per il passato mette sul piatto una cifra irrisoria, sufficiente a saldare solo alcuni fornitori prioritari. Quindi il cerino resta a noi: riaprire i cantieri senza soldi o perdere tutto. Noi non cediamo. L’unica soluzione è che il governo nazionale si occupi anche della Sicilia, dove manca tutto, e non solo del Piemonte, dove si litiga per non fare. E ci aspettiamo che chi sta al governo ci dia un chiaro segnale di ciò che vuole fare, altrimenti l’ira dei 2.500 lavoratori esploderà e noi stessi non avremo più nulla da perdere”.
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