In Sicilia sono 63 mila le micro e piccole imprese a rischio per lo choc economico che vive il Paese. La crisi energetica potrebbe oscurare un sistema produttivo in enorme difficoltà che sta spingendo la Sicilia al collasso. Confartigianato lancia appelli, incontra la politica, in cerca di aiuti concreti a supporto di una rete imprenditoriale sempre più sofferente con 165 mila addetti nelle piccole e micro aziende, con un futuro ormai incerto nei comparti maggiormente esposti. Sin da prima delle elezioni, i vertici di Confartigianato hanno incontrato i vari candidati, facendo una forte azione di lobby e continuando tuttora a incontrare tutte le forze politiche.

Appello alla politica

Oggi scatta ufficialmente un appello alla deputazione regionale e nazionale affinché “Nessuna impresa chiuda”.
Ed è proprio in un momento di crisi così profonda, che un’azione di lobby, la strada del dialogo, degli incontri, diventa fondamentale. Dove l’importanza del ruolo dei “corpi intermedi” e dell’associazionismo d’impresa, non possono non essere vincenti esprimendo i “valori dello ‘stare insieme’, del ‘fare squadra’, del ‘fare rete’. “Siamo in una fase molto difficile – dice Daniele La Porta, presidente di Confartigianato Sicilia –. Prima la pandemia, ora la guerra nel cuore dell’Europa, con la sua crisi umanitaria e i gravi effetti sulla nostra economia”

“Nessuna impresa chiuda”

Confartigianato Sicilia, dopo avere avviato lo scorso mese tra i propri associati di tutta l’isola una campagna mediatica, fa adesso appello alla deputazione regionale e nazionale, affinché “Nessuna impresa chiuda”. Slogan che circola nei siti internet e nei social degli artigiani, delle imprese e delle associazioni territoriali. “È adesso che l’associazionismo d’impresa riemerge in tutto il suo vigore, assume responsabilità ancora più fondamentali per offrire alle aziende il sostegno indispensabile per resistere a tempi così critici. Le famiglie hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, molte imprese hanno deciso di chiudere temporaneamente in attesa di tempi migliori. Stiamo definendo, insieme ad altre associazioni e sindacati, una grande manifestazione per il 7 novembre, data in cui dovremmo avere i nuovi interlocutori al governo”.

Lo studio di Confartigianato

Intanto uno studio dell’Osservatorio economico di Confartigianato, individua 10 comparti manifatturieri con una più elevata intensità di utilizzo di gas ed energia elettrica. Si tratta dei settori maggiormente energivori dei minerali non metalliferi (ceramica, vetro, cemento, refrattari, ecc), carta, metallurgia, chimica, raffinazione del petrolio, alimentare, bevande, farmaceutica, gomma e materie plastiche e prodotti in metallo. Sono aggiunti 16 cluster manifatturieri che comprendono attività del tessile, taglio, piallatura e fabbricazione di prodotti in legno, stampa, produzione di batterie di pile e accumulatori elettrici, apparecchi per uso domestico, parti e accessori per autoveicoli e loro motori, fornitura e gestione di acqua e rifiuti. Infine, il perimetro settoriale è integrato da 17 comparti dei servizi messi maggiormente sotto pressione dall’escalation dei prezzi di energia elettrica, gas e carburanti, con una maggiore diffusione di margini più contenuti e rapidamente erosi dal caro-energia. Si tratta dei settori di commercio di materie prime agricole e prodotti alimentari, alloggio, ristorazione, servizi di assistenza sociale residenziale, servizi di asili nido, attività sportive (piscine, palestre, ecc..), parchi di divertimento, pulitintolavanderie e centri per il benessere fisico.

In crisi anche i trasporti

A questi si aggiungono i settori del sistema dei trasporti colpiti dall’aumento del costo del gasolio, trainato dall’escalation dei prezzi di gas ed elettricità delle ultime settimane: si tratta delle imprese dei comparti di trasporto merci su strada e servizi di trasloco, taxi, noleggio di autovetture e autobus con conducente, il trasporto marittimo e per vie d’acqua. Colpita anche logistica, con il magazzinaggio e le attività di supporto ai trasporti; su alcune di queste attività, come nella intermediazione di prodotti agricoli e alimentari, gravano anche i pesanti rincari per la refrigerazione delle merci deperibili.

Consumo di gas e inverno alle porte

Nel caso di una interruzione completa delle forniture di gas dalla Russia a partire da ottobre, è prevista una spinta del 20% sui prezzi dell’energia e una riduzione della crescita del PIL rispetto allo scenario di base di 0,2 punti percentuali nel 2022 e di 0,5 punti percentuali nel 2023.  Nella crisi attuale l’Italia fatica più degli altri paesi europei a fare economie nell’uso del gas: nei primi sette mesi del 2022 l’Unione europea a 27 ha ridotto il consumo di gas, del 10,4% su base annuale, la Germania addirittura del 12,9%, mentre il calo si ferma al 2% per l’Italia. Inoltre, solo il 4,4% della domanda di gas è coperta dalla produzione nazionale, un apporto più che dimezzato rispetto all’11,5% di dieci anni prima.

Si avvicinano adesso i più difficili mesi invernali

Sulla base della serie storica messa a disposizione dal Mite-Dgerm, il 63,7% del consumo si concentra nei sei mesi tra ottobre e marzo (media degli ultimi cinque anni), oltre un quarto (25,9%) tra dicembre e gennaio. In base alle condizioni climatiche, si determinano differenziazioni regionali nell’utilizzo del gas. Sulla base della distribuzione di gas naturale per tipologia di cliente per regione individuata da Arera si calcola una intensità di utilizzo del gas di imprese (altri usi) e famiglie (domestico e condomini) di 18,6 metri cubi (mc) di gas per mille euro di PIL. La regione con la maggiore intensità di utilizzo è l’Emilia-Romagna, seguita, con valori superiori alla media, da Piemonte, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. In questo caso, sono meno allarmanti i consumi in Sicilia rispetto alle altre regioni.

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