Crolla il lavoro stabile, cresce quello a tempo determinato o flessibile e crescono i licenziamenti. Il job act frena in Italia ma si ferma del tutto in Sicilia. Non funziona più lo strumento messo in campo dal governo nazionale e che nel 2015 sembrava poter dare un impulso al lavoro regolare e a tempo indeterminato. I dati diffusi dall’Inps denunciano una brusca frenata dell’occupazione in Sicilia ben più consistente di quanto avvenuto nel resto d’Italia. Dati che sembrano contrastare con quelli, recenti, della Banca d’Italia che pur parlando di frenata sul fronte della crescita parla comunque di lavoro che continua lentamente a crescere.

Le differenze fra i due dati sono, probabilmente dovute al sommerso. Banca d’Italia valuta i redditi e non distingue quelli provenienti dal lavoro flessibile, precario o addirittura irregolare. I dati dell’Inps riguardano, invece, solo il lavoro regolare e tempo indeterminato pur tenendo conto del flessibile soggetto a contribuzione separata.
Di fatto la Sicilia frena più del resto del Paese mostrando la debolezza della sua economia e dell’offerta di lavoro. Quest’ultima è venuta meno appena gli incentivi statali sono diminuiti.

Mettendo a confronto i dati degli ultimi tre anni (gennaio-agosto) il calo in Sicilia fa paura. Nel 2014 i nuovi assunti erano 79.706. Cresciuti nel 2015 fino a 90.979 ma scesi a 65.034 nel 2016 quindi al di sotto di quanto avveniva prima del job act. Dunque un provvedimento che si è avvalso dell’effetto annuncio ma poi non ha avuto seguito. Le imprese siciliane non si fidano del governo e decidono di ricorrere ancora una volta ai contratti a termine cresciuti di nuovo nel 2016. E non si procede neanche nelle stabilizzazioni o nelle assunzioni dei lavoratori impiegati con forme flessibili. Insomma in Sicilia il lavoro ristagna e del job act gli imprenditori usano un solo aspetto: quello che semplifica i licenziamenti che secondo l’Inps appaiono in evidente crescita.