Meno male, va. Stavamo tutti in pensiero. Il premier Giuseppe Conte ci avrebbe pensato subito dopo la riunione straordinaria del Consiglio dei ministri di ieri sera: quando calendarizzare l’incontro chiarificatore con il leader di Italia Viva, Matteo Renzi?
Ma siccome Matteo Renzi è un ragazzo giudizioso, come direbbe mia nonna, ieri mentre il contatore dei contagi da coronavirus sfondava ad ogni ora nuovi record italiani, ci ha graziato e in un comunicato stampa ha assunto il tono dello statista: “Basta polemiche, mettiamo in quarantena le discussioni. Ora tutti insieme per fronteggiare il coronavirus”. Meno male va.
Nel frattempo però qualcosa di “politico” continuava ad accadere e per fortuna mentre Renzi archiviava (sicuri?) le polemiche.
L’assemblea nazionale del Pd, ad esempio, eleggeva alla presidenza una donna sconosciuta ai più: si chiama Valentina Cuppi ed è la sindaca del comune medaglia d’oro al valore militare per i sacrifici patiti dalle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale: Marzabotto.
Meno di settemila abitanti, in provincia di Bologna, il 29 settembre del 1944, Marzabotto è stato teatro dell’eccidio di Monte Sole: 1830 vittime.
La sindaca Cuppi non lo dimentica e sulla porta a vetri del Municipio si legge la scritta: “Qui c’è un sindaco antifascista”. Un segnale che il segretario democratico, Nicola Zingaretti manda all’indirizzo degli indecisi e dei tiepidi nella battaglia epocale che siamo chiamati a combattere contro ogni nostalgia che provenga dal passato. Una scelta quella della Cuppi che pure alcune frange interne alla nomenclatura del Pd, specie quella locale, sotterraneamente, non capiscono. Perché Valentina Cuppi, 36 anni (ne compirà 37 ad agosto), mamma di un bimbo piccolo, non è nemmeno iscritta al Partito democratico e se ha preso la tessera lo ha fatto proprio negli ultimi giorni in vista del voto nell’assemblea nazionale di ieri.
Nel suo passato politico l’esperienza nelle Fabbriche di Nichi Vendola, la militanza nella rete Futura di Laura Boldrini e la partecipazione al comitato per le primarie di Nicola Zingaretti, questo sì, ma sempre da non tesserata. E poi… E poi il volontariato attivo nell’associazione bolognese La Ricotta della sardina, Mattia Santori.
Se un indizio da solo non fa una prova, alcuni messi assieme dimostrano che nel nuovo corso del Pd zingarettiano c’è lo zampino dell’ex presidente del Consiglio ed ex commissario europeo, Romano Prodi. E comunque, il segretario continua nel progetto di allargamento ampiamente annunciato nella direzione Pd di qualche tempo fa quando proprio a proposito di Cuppi diceva: “Valentina è una sindaca e questo rappresenta un ulteriore passo in avanti nella direzione auspicata di un coinvolgimento maggiore degli amministratori democratici nella vita del partito, di tutti i sindaci che ogni giorno si misurano con la vita reale dei cittadini e che saranno protagonisti del nuovo Pd che vogliamo costruire. A partire da Marzabotto, città simbolo del sacrificio di tanti uomini e tante donne vittime dei crimini nazifascisti contro l’umanità. Combatteremo l’odio con una battaglia culturale ed una mobilitazione che coinvolgerà tutti gli italiani”.
Valentina quindi è presidente e sarà affiancata da due vice, sempre donna: Anna Ascani e Deborah Serracchiani. Chissà come l’avranno presa.
Non l’ha presa bene, invece, duecento chilometri più in giù, siamo a Pesaro nelle Marche, la neo assessora della giunta guidata dal democratico Matteo Ricci, Francesca Frenquellucci del Movimento 5 Stelle. Dopo mesi di collaborazione “esterna” della Frenquellucci al progetto di ritorno di una sede universitaria a Pesaro, il sindaco ha offerto la poltrona alla grillina scatenando da subito l’irritazione del reggente nazionale Vito Crimi che ora ha espulso la sua militante. “Non capisco perché non posso fare quello che il Movimento 5 Stelle sta facendo ai tavoli nazionali” disse subito la Frenquellucci che forse non l’ha ancora capito ma intanto è stata accompagnata alla porta. Forse non l’hanno capito nemmeno i vertici dei Cinque Stelle che cercano nemici in ogni esperimento democratico proprio mentre sono costretti, e non si capisce perché se non per le loro difficoltà interne, a rinviare gli Stati generali del Movimento. Il tutto nel silenzio assordante del leader carismatico Beppe Grillo che ha smesso di commentare, intervenire, metterci la faccia. Tanto i suoi gliela fanno perdere.
Piccoli, apparentemente, segnali di un’apertura al territorio da parte del Pd che danno un respiro più ampio al partito di Zingaretti. Ce la farà? Riuscirà ad uscire dalle secche del pallido 20% di preferenze a cui il Pd sembra condannato da tempo a livello nazionale? Forse sì, forse no. Certo Zingaretti, al momento, è l’unico leader di partito che sta scommettendo al di là della sua stessa personalità (che non scalda, diranno in tanti) affidandosi alla presa sul territorio che costituisce la vera, unica, risposta allo scontento dei territori.
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