Le manifestazioni che si sono svolte nei giorni scorsi in decine di piazze italiane e sono state un segnale forte, chiaro, inequivocabile da parte di genitori, insegnanti e ragazzi per chiedere a gran voce un ritorno alla scuola in presenza.
Maddalena Loy, di Rete Nazionale Scuola in Presenza, ha contribuito a creare e diffondere la notizia della manifestazione. Ma bisogna continuare: la comprensione dell’importanza della scuola in presenza è compito di ognuno degli attori coinvolti, e in primis delle istituzioni.

Le proteste degli studenti, i tagli alla scuola e l’Italia svantaggiata

A distanza di un anno dall’inizio della pandemia si deve accettare che con il Covid bisogna convivere, certo in “ragionevole sicurezza” e tutelando le categorie a rischio, però permettendo a tutti gli altri di tornare alla vita, e specialmente ai ragazzi.

Inutile ripercorrere i tentativi fin troppo facilmente criticati, guardare gli errori o le inefficienze commesse dalle istituzioni, perché nessuno avrebbe mai immaginato di doversi confrontare con una crisi di questo genere, anche se sarebbe doveroso ammettere che i troppi tagli alle strutture scolastiche, ai concorsi e alla formazione degli insegnanti, così come l’insufficienza dei mezzi di trasporto pubblico e della copertura Internet abbiano fatto sì che l’Italia si trovasse più svantaggiata nell’affrontare la pandemia rispetto ad altri Paesi europei.

I danni derivanti dall’isolamento dei ragazzi

Non ci sono riscontri scientifici che le scuole siano il maggior veicolo del Covid, né che siano responsabili dell’aumento dei contagi. Viceversa, i danni sulla salute psicofisica dei ragazzi causata dalla continuata mancanza di relazioni potrebbero essere irreversibili.

A scuola si impara a vivere

Sì, perché la scuola non è solo un posto in cui si apprendono nozioni, ma è il luogo in cui “s’impara a vivere”.
La DAD funziona come mezzo d’emergenza per tutelare il diritto allo studio passato in second’ordine rispetto alla salute, tuttavia non può diventare la normalità.

Le criticità della Dad

La maggior parte delle famiglie trovano difficile, se non in certi casi impossibile conciliare la vita quotidiana, per i disagi di case troppo piccole o la mancanza di computer e tablet. Per lo più le mamme, spesso in smart-working, devono aiutare i figli a seguire le lezioni, svolgendo un ruolo che non é il loro.

Gli insegnanti, per quanto abbiano tentato di adattare il loro metodo d’insegnamento alla DAD, non possono esercitare appieno la loro meravigliosa professione, che non si limita a spiegare, interrogare e lasciare compiti, ma a formare gli uomini e le donne di domani, trasferendo conoscenze e consigli, guardando negli occhi i giovani che ogni giorno si siedono nei banchi. Perché i “buoni maestri” vedono oltre lo studio, a volte sono anche amici dei nostri figli, intuiscono un problema ed aiutano i genitori a risolverlo. Senza dimenticare quei ragazzi che solo a scuola trovano gli insegnanti di sostegno (già pochi) che possano farli sentire uguali ai loro compagni.

L’importanza della scuola in presenza

La scuola è la “prova generale” della vita e non può svolgersi dietro uno schermo di computer.
A scuola si acquisisce disciplina, si creano i primi team di collaborazione, si litiga, ci si innamora, si fallisce e si impara a rialzarsi, si accetta il confronto, ci si allena al contraddittorio, la scuola è divertimento, è copiare, suggerire, ridere, aiutarsi…
Dietro uno schermo non ci sono stimoli, non c’è la complicità tra i compagni di classe, non c’è l’intervallo, le merende, le sigarette, le gite d’istruzione per vivere esperienze nuove, lontani dalle famiglie.
I nostri ragazzi avranno ripercussioni per una didattica che non può avere la stessa efficacia se non attraverso la presenza. Si rischia di creare lacune culturali difficilmente colmabili che, a lungo termine, si ripercuoteranno nella mancanza di competitività nel mondo del lavoro globalizzato, dove giovani di altri Paesi avranno migliori opportunità.
La scuola è un “bene essenziale” in quanto “nutrimento delle menti e delle anime”.
Tornare a scuola diventa un “imperativo categorico!”.

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