Le elezioni sono terminate da oltre una settimana e l’epopea del “monopattino selvaggio” prosegue senza sosta in tutta la città di Palermo. Ma in questo caso è Piazza Croci, uno dei luoghi più densi di storia di Palermo, a rimanere colpita dall’incuria, dal mal costume e dal degrado. Cattive abitudini di cittadini senza educazione e coscienza minima che si coniugano con l’incapacità amministrativa di chi governa la città, da ormai tre mesi, senza troppo badare all’entità e qualità dei servizi resi da chi è impegnato in queste settimane  a ripulire la città con una azione straordinaria strombazzata ai quattro venti.

Il degrado a Piazza Croci in un breve video

La scena che riportiamo nel video pubblicato in questa pagina è stata registrata a Piazza Croci appunto, da un lato le cartacce frutto dei resti dei manifesti elettorali che si sono staccati naturalmente (o forse no) dai tabelloni comunali preposti alla pubblicità elettorale e dall’altro lato un groviglio di monopattini abbandonati, forse rotti, certamente non custoditi con regolarità per l’offerta di un servizio efficiente. Il tutto a due passi da dalla statua di Francesco Crispi e proprio di fronte Villa Deliella.

Una piazza piena di storia di Palermo

Il luogo in cui è stata ripresa questa immagine di degrado cittadino  è costituito da due piazze antistanti. I palermitani la chiamano Piazza Croci ma è l’insieme di due piazze distinte attraversate dalla Via Libertà:  la prima si chiama Antonio Mordini (lato monte) e l’altra, Francesco Crispi (lato mare). Questo anche se, comunemente, le due piazze vengono assimilate sotto lo stesso pseudonimo di piazza Croci.

Di fatto, l’unica strada  in zona che ricorda il nome “Croci” è quello della via delle Croci: cioè la strada che dalla via Pasquale Calvi giunge a piazza Francesco Crispi.
Il primo impianto nell’area ha ospitato l’Istituto delle Croci  ed è stato edificato nel 1575, in quella che al tempo era una contrada di campagna, molto fuori città. Il complesso venne adibito dal Senato palermitano a luogo per la raccolta, e la successiva distruzione, di ciò che era stato a contatto con gli ammalati di peste, durante le varie ondate di epidemia che colpirono in quegli anni la città. Nel 1960 i  frati cappuccini piantarono sette grandi croci nel terreno antistante la struttura, ormai prossima sede del ritiro delle orfanelle, fatto che ne indicò la zona come “Piano delle Sette Croci”.

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