Erano partite in duecento dal concentramento ma sono arrivate alla fine del corteo in 800 o forse anche in mille. In tante, alla fine, hanno risposto alla chiamata del Coordinamento “Non una di Meno Sicilia” per il corteo di ieri pomeriggio a Palermo. Una marea che ha invaso le strade, si è riappropriata dello spazio pubblico e ha urlato un sonoro “TI RISSI NO!” , uno slogan usato per esprimere la rabbia dopo il tanto discusso caso di stupro del foro Italico e per solidarizzare con la vittima. Una protesta che, andando oltre il caso singolo, si estende a tutti gli attacchi sferrati in più modi e giornalmente da quello che le attiviste definiscono “il sistema patriarcale sui corpi e sulle vite delle donne e della comunità LGBTQIA+”.

L’attacco alla società definita “patriarcale”

“Da anni Nudm (acronimo di Non una di meno) urla quanto la società patriarcale in cui viviamo sia sistematicamente misogina e si regge su discriminazioni, asimmetrie e relazioni strutturali di potere.‘TI RISSI NO’ è un urlo collettivo e condiviso, carico di senso, significati e rivendicazioni. È l’urlo che si alza da Catania, da Messina, da Palermo e dalla Sicilia tutta e che vogliamo arrivi ovunque. È bellissimo e potentissimo vedere il risveglio della rabbia e della volontà di scendere in piazza che in queste settimane si sta dando! Sappiamo che il patriarcato e il capitalismo ci stritolano nelle loro morse in ogni momento e in ogni luogo, ma in un territorio come il nostro, quei meccanismi di potere e di sopruso aggrediscono con più aggressività” scrivono gli organizzatori della manifestazione, l’ennesima.

Sicilia al primo posto per questi delitti

“La Sicilia è al primo posto per femminicidi, suicidi e trans*cidi. La salute sessuale e riproduttiva – continuano – è appannaggio delle classi privilegiate grazie al depotenziamento e definanziamento dei consultori e in più questi stessi presidi sono agiti per l’81,6% da personale obiettore – in 26 strutture del territorio tocchiamo il 100% – rendendo l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza al limite dell’impossibile; l’occupazione femminile è al 30% – per non parlare delle persone trans – e l’attacco al reddito di cittadinanza ci obbliga a lavorare in condizione di povertà salariale e rendendoci sempre più esposte e ricattabili alle molestie sessuali e discriminazioni di genere a lavoro; la nostra regione è fra quelle più interessate dalla dispersione scolastica, si toccano picchi del 25%, abbiamo bisogno di educazione al consenso, all’affettività, ai desideri. Come in questi giorni di mobilitazione abbiamo più volte sottolineato, le aggressioni sui nostri corpi diventano strumento per legittimare la militarizzazione dello spazio pubblico, la lotta “agli abusivi”, la criminalizzazione delle classi subalterne e dei quartieri popolari, il controllo delle identità e dei corpi! La nostra lotta diviene oggetto di sciacallaggio mediatico che va a caccia di audience e mezzo per l’autopromozione politica”.

Lo slogan delle manifestazioni

“TI RISSI NO! Liberi corpi in liberi spazi. Siete tutti coinvolti” è la frase che campeggia sullo striscione. La Governance nazionale e gli amministratori locali, le questure e i tribunali, il sistema sanitario nazionale e il mondo dell’informazione vengono tutti tirati in causa dai cori lungo il percorso.

“È un TI RISSI NO al tutto il sistema patriarcale, capitalista razzista, coloniale, omolesbotransfobico – aggiungono – che ogni giorno affonda i suoi artigli su di noi. TI RISSI NO, perché solo un SI vuol dire consenso. TI RISSI NO, perché la stampa non fa giornalismo ma produce pornografia del dolore, non persegue l’informazione ma i click per fare audience. TI RISSI NO, perché la giustizia dei tribunali non è dalla nostra parte, ogni volta che denunciamo siamo noi donne e soggettività subalterne ad essere criminalizzate e sotto processo. TI RISSI NO, perché non vogliamo la polizia per le strade delle nostre città, la loro presenza non ci fa sentire al sicuro anzi! TI RISSI NO, perché il sistema sanitario non ci riconosce e non ci permette di accedere ad una sanità pubblica completa e gratuita. TI RISSI NO, perché non vogliamo più subire sfruttamento e svalutazione nel mondo del lavoro.
TI RISSI NO, perché non si parli più di emergenza abitativa, da decenni individui e famiglie aspettano l’assegnazione delle residenze, ma intanto gli immobili vengono offerti agli speculatori del turismo.
TI RISSI NO, perché l’autonomia differenziata acuirà le differenze già esistenti tra modelli sanitari, istruzione e servizi regionali andando in favore di Regioni più ricche e di privati indebolendo le Regioni più fragili. TI RISSI NO, perché le nostre rivendicazioni, i nostri desideri e i nostri corpi non diventeranno espedienti per attuare politiche ipocrite e fallaci il cui scopo sarà solo quello di accrescere classismo e razzismo spingendoci incontro al fascismo”.
Una marea fluida e compatta, i colori indossati sono quelli della lotta transfemminista- magliette nere e panuelo fucsia. I cori che si levano parlano di lotta transfemminista, di amore e di rabbia.
Passando per la sede del Comune, la Cattedrale e la questura, giungendo infine sotto i palazzi della Regione, la marea transfemminista ha condannato la complicità di tutte le istituzioni, per ribadire il grado di colpevolezza di tutti i sistemi di potere, per ribadire lo stato di agitazione permanente che “arriverà sino al 28 settembre e oltre, sino al 25 novembre e oltre, sino all’8 Marzo e oltre perché la nostra risposta è nella lotta dal basso e in uno stato di mobilitazione permanente! Perché se toccano un3, toccano tutt3 e tutt3 insieme rispondiamo! Perché le strade sicure le crea la comunità transfemminista che le attraversa!”

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