È passato poco più di un mese da quel tragico 6 maggio nel quale a Casteldaccia persero la vita cinque operai ed un altro è rimasto gravemente ferito a causa di un incidente sul lavoro all’impianto di sollevamento.
Il Comune del Palermitano ha inviato una richiesta alla procura di Termini Imerese affinché venga dissequestrato l’impianto di sollevamento teatro della tragedia a causa delle esalazioni tossiche.
Le indagini
Sul fronte delle indagini, invece, come si scrive il Giornale di Sicilia, i sostituti procuratori Giacomo Barbara e Elvira Cuti hanno acquisito l’ordine di servizio di Amap che disponeva come dovevano essere eseguite le opere di manutenzione.
“L’intervento avrebbe dovuto prevedere solo la manutenzione”
Nel documento non ci sarebbe stata nessuna disposizione di entrare nel pozzo, l’intervento avrebbe dovuto prevedere solo la manutenzione dei tombini dall’esterno e successivamente di spurgarli attraverso il camion aspiratore che è stato trovato sul luogo della tragedia. I magistrati, quindi, stanno cercando di appurare se ci sia stato un ordine estemporaneo e non autorizzato per risolvere il problema degli sversamenti dei liquami a mare.
Secondo gli avvocati che assistono i parenti di chi ha trovato la morte, sarebbe proprio questo il motivo per cui la squadra era sprovvista dei dispositivi di protezione necessari (elmetti, imbracature e autorespiratori) quando si opera in ambienti sotterranei dove è elevato il rischio della presenza di gas, come l’idrogeno solforato che si sprigiona per la fermentazione dei materiali organici nei sistemi fognari.
Sono tre gli indagati
Gli indagati, al momento, sono tre: Gaetano Rotolo, il direttore dei lavori dell’Amap, che è la società committente; Giovanni Anselmo, l’amministratore unico della Tek di San Cipirello; e Nicolò Di Salvo, contitolare della Quadrifoglio che aveva ottenuto la commessa da 100 mila euro in subappalto.
Il sollecito del Comune ai magistrati per dissequestrare l’impianto
Il sollecito ai magistrati è stato inoltrato dal sindaco Giovanni Di Giacinto nella sua qualità di autorità sanitaria sul territorio mentre, nelle scorse settimane, l’Amap – che gestisce il servizio in città e in provincia – aveva scritto ai magistrati avvertendo che lo stop avrebbe inevitabilmente provocato lo sversamento in mare dei liquami. Cosa che sta puntualmente accadendo viste le numerose segnalazioni da parte di residenti e di titolari di alcune attività della zona in cui si evidenzia la situazione di emergenza sanitaria.
“La pompa è ferma – spiega il sindaco – e le acque reflue non depurate vanno a finire a mare. Sarebbe impossibile realizzare una condotta temporanea perché l’eventuale by-pass dovrebbe essere lungo almeno un chilometro e mezzo. Per questo motivo ho chiesto che vengano tolti urgentemente i sigilli per garantire l’igiene pubblica ed evitare l’inquinamento della costa”.
La situazione
Gli scarichi di detriti e di rifiuti organici, che stanno finendo in mare all’altezza del circolo nautico Secca della Maiorana, lungo la statale 113, sarebbero la diretta conseguenza della chiusura dell’impianto, peraltro spesso guasto anche negli anni precedenti. Il presidente dell’associazione sportiva, Lucilla Piraino, aveva denunciato più volte la situazione ma, nonostante le ripetute lettere inviate a carabinieri, guardia di finanza, guardia costiera, demanio, Legambiente, al Comune, alla municipalizzata e all’assessorato regionale al Territorio, non sarebbe mai stata trovata una soluzione definitiva.
Proprio il giorno della strage c’era stato il sopralluogo degli stessi operai che poi hanno trovato la morte, i quali avrebbero individuato il problema nella stessa vasca di contenimento da cui qualche ora dopo non sono più usciti. “Dopo le mie segnalazioni – ricorda Piraino – erano venuti il 6 maggio guidati dall’architetto Rotolo, avevano capito il problema ed erano andati nel tentativo di risolverlo”.
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