Verso l’election day in Italia nel 2024. Almeno questa la pazza idea che circola a Roma. La data scelta sarebbe quella del 9 giugno ed il governo punta a far coincidere in quel giorno, deciso dal Consiglio d’Europa per le Europee, anche tutte le elezioni previste per il prossimo anno compreso il ritorno alle province. Ma non è cosa semplice per almeno 4 regioni su 5 oltre che per tanti comuni.
Chi va al voto nel 2024
Il 2024 non sarà, dunque, solo l’anno delle elezioni europee, la cui data è stata già fissata dal Consiglio fra il 6 e il 9 giugno in tutta Europa (l’Italia va al voto nell’ultimo giorno utile, la domenica 9) e che si svolgeranno con un sistema proporzionale: in agenda ci sono anche le urne per rinnovare i Governatori e i Consigli di ben cinque Regioni, nonché le amministrazioni di oltre 3.800 comuni, tra cui sei città capoluogo di Regione, con oltre 17 milioni di cittadini chiamati a recarsi nei seggi. Senza contare che il centrodestra intende accelerare l’approvazione della legge che ripristina l’elezione diretta degli organi delle 107 province, in modo tale da farli eleggere nell’election day di giugno.
Alle urne l’intero corpo elettorale italiano
In questo caso l’intero corpo elettorale sarebbe mobilitato. Un test, dunque, significativo per il centrodestra, che ha già oggi tenuto una prima riunione, e le opposizioni chiamate a decidere se presentarsi unite, come hanno già stabilito di fare in l’Abruzzo, o a geometria variabile per le amministrative di primavera.
Ma non tutte le regioni vanno in scadenza in tempo utile e per accorpare tutto c’è pi di u problema. Tra febbraio e marzo attualmente è previsto votino i cittadini di tre regioni: Abruzzo, Basilicata e Sardegna, mentre quelli del Piemonte dovranno recarsi ai seggi a giugno. In autunno sarà la volta dell’Umbria. Si tratta di Regioni governate dal centrodestra, per le quali la coalizione dovrà decidere se ricandidare i governatori uscenti. Le opposizioni, raggiunto l’accordo ad agosto in Abruzzo per una sfida unitaria al centrodestra, devono decidere se ripetere lo schema anche nelle altre Regioni.
Una sola la Regione, al momento, che può votare nell’election day, per le altre sarebbero necessarie leggi apposite.
I 3800 comuni al voto fra cui 6 capoluoghi
Importanti le città dove si voterà a maggio, alcune rette dal centrosinistra altre dal centrodestra. Tra le prime Firenze, Bari, Bergamo, Pesaro, con i sindaci uscenti (Nardella, Decaro, Gori, Ricci) al termine del secondo mandato, cosa che obbliga i Dem a cercare nuovi candidati e a costruire alleanze competitive. Tra le seconde Cagliari (ma in Sardegna e Sicilia si dovrebbe votare in date diverse dalle altre città), Perugia, Potenza, Pescara. Alcuni sindaci sono al primo mandato, con probabile conferma della candidatura, mentre altri sono al secondo, come Andrea Romizi a Perugia, il che implica la scelta di un nuovo candidato. Si voterà anche a Campobasso, il cui sindaco è il pentastellato Roberto Gravina, che al ballottaggio fu votato dai Dem. Anche sul suo nome, come su quello dei candidati di altre città, è da verificare la possibilità di un accordo largo tra le opposizioni.
La Sicilia disallineata
A rompere le uova nel paniere delle idee della Meloni c’è soprattutto la Sicilia che sceglie autonomamente la data delle proprie elezioni, non ha ancora fissato quella per le amministrative 2024 e che non vorrebbe andare al voto per la province in un election day. Un tema venuto a galla ieri sera durante il tavolo di maggioranza. Tutti i partiti della coalizione vorrebbero celebrare le elezioni che segnano il ritorno alle province il prima possibile, non appena la riforma la permetterà, ma Fratelli d’Italia non è d’accordo. Per i meloniani bisogna aspettare e andare al voto per le province o contemporaneamente alle Europee della prossima primavera e addirittura dopo. Un tema che verrà dibattuto ancora alla ricerca di un momento di sintesi
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