Si sono dati appuntamento questa mattina davanti all’attuale sede del Comune di Palermo, a Palazzo Comitini e, armati di tende, si sono posizionati sull’asfalto di via Maqueda in attesa di essere ricevuti per un incontro sul tema dell’emergenza abitativa. Si tratta di una cinquantina di manifestanti che hanno aderito al sit-in, promosso dal sindacato di base USB, dedicato al tema dell’emergenza abitativa. A preoccupare coloro i quali sono scesi in piazza è la situazione di una ventina di famiglie occupanti un bene confiscato alla mafia presente in corso Pisani. Argomento affrontato in un incontro avuto in Prefettura dopo lo sciopero condotto lo scorso 4 settembre. Da allora poco è cambiato, con il rischio concreto per alcune famiglie di finire in mezzo alla strada senza un posto dove stare. Alcune di queste, purtroppo, hanno figli minori a carico.

Da un anno a questa parte continuano ad essere inviate ordinanze di sgombero nei confronti di famiglie che, per necessità, occupano immobili abbandonati dell’agenzia nazionale per i beni confiscati – commenta Gabriele Rizzo, esponente dell’associazione “Officina del Popolo” -. E’ da almeno vent’anni che a Palermo esiste la graduatoria per l’emergenza abitativa, ma non scorre. Siamo in una condizione di strozzatura di questa emergenza, in cui non solo non vengono assegnati gli immobili a famiglie che ne avrebbero bisogno e diritto, ma vengono sgomberate le stesse famiglie che, dopo dieci o dodici anni in attesa in graduatoria, si sono prese con le proprie mani le casi, in assenza di uno Stato che non provvede”.

La protesta davanti a Palazzo Comitini

Ad indire la protesta sono stati gli esponenti del sindacato USB. “Oggi a Palazzo Comitini è andato in scena il Consiglio Comunale – hanno commentato gli esponenti della sigla di base -.  Nei dieci giorni passati, non abbiamo ricevuto alcuna risposta dal sindaco per discutere della situazione drammatica che si figura per le centinaia di famiglie che a Palermo rischiano di dormire per strada, causa sgombero coatto. Gli immobili, abbandonati e che sono stati occupati da più di dieci anni da famiglie con diritto ad un assegnazione (inserite in graduatorie che non scorrono mai), appartengono all’agenzia nazionale beni confiscati, che li definisce “cespiti”, asset aziendali, e ne rivendica la riappropriazione tramite sgombero coatto”.

“Già qualche settimana fa abbiamo sanzionato l’ANBSC, chiedendo anche l’intervento del Sindaco – sottolineano gli esponenti dell’USB -. Dopo una richiesta d’incontro alla quale non abbiamo ricevuto risposta per dieci giorni, siamo passati con le famiglie all’azione. Chiediamo l’intervento del sindaco, che deve farsi carico dell’emergenza sociale. La casa è un diritto inalienabile. Abbiamo montato tende e brandine: non andremo via fino a quando non riceveremo un incontro con il sindaco“. Attualmente, una delegazione di manifestanti sta stazionando ancora davanti alla sede istituzionale del Comune e della Città Metropolitana, in attesa di incontrare qualche rappresentante delle istituzioni.

Una situazione sulla quale qualcuno ha voluto raccontare la propria storia. Come una ragazza che, al momento, occupa un appartamento in corso Pisani. “Io e il padre dei miei figli entriamo in questa casa quando ero incinta di tre mesi. L’appartamento era in condizioni indecenti. Al tempo entrai solo con un materasso buttato per terra. Passati sette anni, la mia situazione è ben diverse. Ho due bambini, sono seperata e, al momento, non ho dove andare”.