Sono quasi 3000 i senza tetto che vivono nella città di Palermo, rasentano i settemila quelli che vivono in Sicilia. Il dato si deduce dalle stime effettuate da Coldiretti. secondo l’organizzazione sarebbero oltre 50.700 le persone senza
fissa dimora in Italia e di queste il 5,7% sarebbero a Palermo terza città italiana per senza fissa dimora.

La Coldiretti rende noti i dati della sua  indagine dopo i casi di morti per assideramento di due clochard. E’ nelle grandi città che si concentrano le maggiori difficoltà. Milano e Roma, da sole – sottolinea la Coldiretti – accolgono il 39,8% dei senza fissa dimora (23,7% a Milano e 15,2% a Roma), al terzo posto si trova Palermo con il 5,7%, seguita da Firenze (3,9%), Torino, (3,4%), Napoli (3,1%), e Bologna (2%).

In questa situazione le strutture di accoglienza stanno lavorando a pieno regime per affrontare l’emergenza. Si tratta, però, della punta dell’iceberg di una situazione di disagio che riguarda 6 milioni di persone povere con quasi 1 italiano su 5 (18%) che non riesce a riscaldare adeguatamente l’abitazione, ma la percentuale sale al 31,4 per cento nel Mezzogiorno.

Ma in Italia – continua l’analisi Coldiretti – il 12,6% della popolazione ha anche problemi a procurarsi un pasto proteico adeguato. Le maggiori difficoltà dal punto di vista alimentare si registrano nel mezzogiorno dove
la percentuale sale al 17 per cento, tra le famiglie monoreddito dove è il 17,3 per cento e tra le persone sole con più di 65 anni con il 14,5 per cento. Una situazione che si scontra con il fatto che ogni italiano che ha comunque buttato nel bidone della spazzatura durante l’anno ben 76 chili di prodotti alimentari che sarebbe più che sufficienti a garantire cibo adeguato per tutti i cittadini.

Un problema che riguarda in Italia l’interna filiera dove gli sprechi alimentari – conclude la Coldiretti – ammontano in valore a 12,5 miliardi che sono persi per il 54 per cento al consumo, per il 21 per cento nella ristorazione, per il 15 per cento nella distribuzione commerciale e per l’8 per cento nell’agricoltura e per il 2 per cento nella trasformazione.

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