Azzolina e Arcuri, ecco la strana coppia che vuole riaprire le scuole a settembre. L’obiettivo strategico è quello di garantire il distanziamento sociale tra gli alunni. Per fare questo il governo si affida a un bando di gara che sembra una puntata della fiction “Mission impossible”.
Vediamo di ricostruire la storia: con il decreto semplificazioni, il governo affida il compito di gestire l’emergenza scolastica al supercommissario Domenico Arcuri. Già sfiorato dal sospetto di percepire stipendi troppo alti, rispetto a quanto stabilito da leggi e regolamenti, il supercommissario Arcuri continua a fare incetta di poltrone e incarichi. Non chiamatela meritocrazia, perché il disastro combinato con le mascherine ancora sibila nelle nostre orecchie.
Ora “der Kommissar”, con la benedizione della Ministra Azzolina, si lancia nel progetto “banchi di scuola”. Da una prima stima ne servono più di due milioni e mezzo. Sommando altri strumenti, si arriva a una fornitura monstre da oltre 3,7 milioni di pezzi di arredamento. Immagino che qualcuno di voi stia pensando: finalmente una buona notizia, finalmente un governo che si muove. Ma il diavolo si nasconde nei dettagli. In questo caso tra le righe del bando di gara. Per partecipare al bando per il restyling anticovid delle scuole italiane, le aziende devono avere dei prerequisiti, pena l’esclusione. Uno dei parametri richiesti è l’aver prodotto un determinato numero di banchi o strumenti similari, in uno specifico arco di tempo.
Appena letto il codicillo del bando di gara, le associazioni di categoria del settore hanno capito che i produttori italiani sono out, non possono partecipare alla gara. Nessuna azienda italiana ha la capacità produttiva richiesta dal Miur. Nessuna azienda italiana è in grado di produrre quel numero milionario di dispositivi entro settembre, così come prevede il bando di gara, che si chiude il prossimo 7 agosto.
Che le cose stiano così, lo certifica in maniera indiretta lo stesso Arcuri: nel commentare il bando non ha escluso di rivolgersi all’estero. Complimenti. In un momento così difficile per le industrie italiane, strizziamo l’occhio all’industria estera. E sapete da quale paese potranno arrivare i dispositivi per la scuola italiana? Dal sud est Asiatico e dalla Cina. Non ho più parole per commentare questo furore distruttivo contro chiunque faccia impresa in Italia.
Capisco che ormai la mia critica all’operato del supercommissario Arcuri possa sembrare un fatto personale. E forse, in una certa misura lo è, se penso ancora a quanto combinato da Invitalia con il sito industriale di Termini Imerese.
Secondo me questo bando va iscritto di diritto nella categoria follia burocratica. Ecco i dati: il Miur chiede 3.7 milioni di pezzi entro settembre. In pratica si tratta di un volume pari a cinque anni dell’intera produzione italiana del settore. Inutile girarci attorno, le imprese italiane non potranno mai gestire una richiesta di questo tipo. Soltanto i giganti della produzione asiatica potrebbero farlo. Siamo ben oltre l’incompetenza, qua sembra proprio che qualcuno abbia interesse a danneggiare il sistema Paese.
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