Emigrano duemila siciliani ma stavolta è emigrazione di Stato. Sono gli insegnanti del decreto ‘Buona scuola‘ assunti dopo anni di attesa e sacrifici ma mai nelle loro città. Per i siciliani la scelta è obbligatoria: abbandonare la Sicilia o rinunciare al tanto ambito posto di lavoro, quel posto che oggi non può permettersi più nessuno di rifiutare vista la crisi e la debolezza del mercato.

 “L’AnciSicilia esprime la propria preoccupazione per gli effetti che deriveranno dalle modalità con le quali si stanno svolgendo le operazioni di definizione degli organici di ogni ordine e grado della scuola italiana. Sebbene non siano ancora noti i dati relativi all’individuazione delle sedi di titolarità di migliaia di insegnanti neoassunti con la cosiddetta Buona Scuola, c’è  il forte rischio di vedere allontanare dalle regioni del Sud Italia un numero molto consistente di personale con competenze ed esperienze pluriennali maturate già sul territorio di origine”.
Anche Leoluca Orlando e Mario Emanuele Alvano, rispettivamente presidente e segretario dell’AnciSicilia si dicono preoccupati da questo esodo che vedono di proporzioni ancora superiori: “In Sicilia, circa settemila insegnanti, non più giovanissimi e legati alla propria terra  sia dagli affetti familiari, sia dall’essere pienamente integrati al tessuto economico, sociale  e culturale, riceveranno nei prossimi giorni una destinazione che, nella maggior parte dei casi,  li costringerà a spostarsi  nelle regioni del Centro-Nord. La nostra Associazione, rispetto ad un tema sollevato anche dall’Osservatorio Diritti Scuola, è convinta della necessità di evitare che la nostra terra venga privata anche di questo preziosissimo capitale umano e teme fortemente le ripercussioni sull’equilibrio socio economico della nostra Isola: in un periodo di grave crisi, di impoverimento complessivo, con un entroterra che si sta già spopolando in assenza di valide alternative all’impiego pubblico, con un evidente calo demografico che colpisce tutti in territori, e in particolare le aree interne, l’allontanamento degli insegnanti comporterebbe un ulteriore aggravamento della situazione di crisi. Tra gli altri effetti, ciò determinererebbe anche una diminuzione delle entrate dei tributi locali con il conseguente crollo dell’offerta dei servizi resi dalle amministrazioni locali ai cittadini”.
“Inoltre,  – continuano Orlando e Alvano – a questo si aggiunge la grave e complessa situazione relativa agli studenti disabili e alle loro famiglie, costrette negli ultimi anni a doversi rivolgere ai Tribunali Amministrativi Regionali per vedere riconosciute le ore di sostegno in linea con le gravità riconosciute dalle Asp di appartenenza. L’AnciSicilia, a tal proposito, auspica con forza che si possa passare da una gestione emergenziale ad una gestione ordinaria al fine di garantire la continuità didattica per i soggetti più bisognosi e si augura che i posti in deroga transitino in organico di diritto, garantendo la definitiva permanenza dei docenti nelle stesse sedi”.
“Infine, – concludono il presidente e il segretario generale dell’Associazione dei comuni siciliani – bisogna considerare la disomogeneità a livello nazionale con cui viene attivato il tempo prolungato e il tempo pieno. Se al nord il servizio viene assicurato con percentuali altissime, al sud sono poche le scuole che lo garantiscono. Perché, quindi, non potenziare l’offerta formativa attraverso un’attivazione consistente del tempo pieno o prolungato nelle scuole? Ciò servirebbe a garantire uno strumento importantissimo per le famiglie e per gli alunni e servirebbe anche ad evitare l’esodo di massa dei docenti”.