E’ la festa della Liberazione. E’ il momento in cui a tutti noi tocca ricordare quanti sacrifici sono stati compiuti per essere stati, ed essere, quel che siamo. Come Paese, intendo. Spesso, si rimprovera agli italiani l’incapacità di sentirsi veramente tali, di essere inabili a comportarsi come “collettività”. Vecchia narrativa, risale ai tempi risorgimentali e al Conte Cavour. Ma questa strana pandermia ha cambiato la prospettiva.

L’Italia, come insieme di cittadini, ha risposto “presente”, alla chiamata dello Stato. Sepolti vivi nelle nostre case, da provvedimenti amministrativi – a parer di molti giuristi quasi illegittimi, nda – gli Italiani hanno rispettato, in maniera mai accaduta prima, le disposizioni ed i regolamenti del governo nazionale, delle regioni e dei comuni. Non c’è una legge, nella storia della nostra comunità, che sia stata rispettata come quella della “quarantena”.

Paura delle sanzioni? Paura per la propria salute? Sarebbe troppo semplice liquidare così la vicenda. Dal punto di vista dell’emergenza sanitaria, gli italiani hanno affrontato questo periodo con grande rispetto delle istituzioni, anche quando quelle stesse istituzioni hanno utilizzato forme talvolta confuse (le autocertificazioni che cambiavano di ora in ora) e metodi ad un passo dal poter essere giudicati oppressivi: lo sfibrante controllo delle forze dell’ordine, i tentativi di limitare alcune libertà fondamentali.

Ora, ci tocca affrontare, la più grande depressione economica che la storia moderna abbia mai affrontato. Lo Stato, quali risposte ha dato ai cittadini e alle imprese? Stendo un velo pietoso sulle conferenze stampa a reti unificate e sulle colonne di piombo calate sul giornale unico del virus. A dar retta a quelle parole, siamo stati sommersi da migliaia di miliardi. Ma la verità è amara. Anzi, atroce. Alcuni dei provvedimenti messi in campo sono delle burle. Penso alla misura di liquidità per le imprese: 450 miliardi annunciati dal governo per il sistema Paese. Non esistono. Il governo mette le “garanzie” affinché il sistema bancario conceda prestiti. Insomma, uno strumento per stressare ancora di più un sistema produttivo bloccato da due mesi.

Perché, giova ricordarlo, mentre l’Italia ha messo in lockdown quasi tutto il sistema produttivo, i nostri competitor, europei e global, hanno continuato a produrre, rallentando in alcuni settori, ma senza mai bloccare del tutto le catene. Il mondo non aspetta, e le quote di mercato perse non sono recuperabili. Che dire, poi, dei prestiti di 25.000 euro “facilitati” e garantiti al 100% dallo Stato, da restituire in in 6 anni. Chiunque abbia provato ad accendere a quel tipo di pratica si è trovato di fronte una trafila di documenti e prescrizioni, che tutto sono tranne che percorsi facilitati. E in ogni caso, tutto il mondo ha usato la strategia dell’helicopter money, qua si parla, sempre e comunque, di continuare a far indebitare la gente.

Certo, a più di due milioni e mezzo di persone è arrivato il bonus da 600 euro. Ma la platea degli aventi diritto, a due mesi dallo scoppio della crisi sanitaria, era di almeno quattro milioni di soggetti. L’errore di fondo è essere rimasti agganciati alle ferree regole di bilancio dell’Unione Europea.

C’è solo una soluzione per salvare il miglior tessuto imprenditoriale del nostro Paese: quel tessuto italiano fatto da microimprese (artigiani, commercianti…) potrà provare a salvarsi solo con sussidi a fondo perduto. È la richiesta a gran voce che arriva da più parti. Il Governo Conte, preoccupato dalla oramai imminente rivolta delle partite IVA chiuse, interverrà con il Decreto Aprile (oramai quasi Maggio). Speriamo di sì, ma nutro forti dubbi. La montagna partorirà ancora un volta il topolino? Probabile, se continuiamo a presentarci in ginocchio da Ue. Ma questa volta le supercazzole del duo Casalino – Conte potrebbero non essere digerite facilmente. Non è più il tempo delle elemosine da 600 euro, unica concessione ai vincoli di bilancio. La mia proposta è creare un sistema di sussidi da calibrare sui fatturati dell’anno precedente.

C’è, infine, il grande tema dei rapporti con l’Unione Europea. Alla fine del vertice del 23 aprile, il presidente Conte si è dichiarato vittorioso. Ma la sua conferenza stampa a reti unificate, quella volta, è durata un battito di ciglia. Perché il Re è nudo, ed è meglio che i cittadini non comprendano fino in fondo cosa sta succedendo. Non tema smentite nel dichiarare che la diplomazia economia italiana è stata fatta a pezzi dal Consiglio europeo. Volevamo i bond, sono stati bocciati. Non volevamo il Mes, e il Mes è diventato operativo (a proposito, chiunque vi dica che si tratta di prestiti senza condizionalità è un bugiardo senza pari, perché il Testo unico europeo, spiega chiaramente che le condizioni possono essere attivate in qualsiasi momento). Arriveranno i recovery fund. Quando e come non si sa, perché poggiano sul bilancio Ue 2021/2027. E sono prestiti da restituire. Nel frattempo, senza una reale iniezione di denaro alle famiglie e alle imprese, il nostro Paese rischia di affondare. Servono soldi veri e servono subito.

Articoli correlati