Francesco Mulè, detto Zu Franco, era tornato libero nel 2018. Era all’ergastolo. Ha goduto di una legge, la Carotti, rimasta in vigore pochissimo tempo. Tanto quanto è bastato per venire scarcerato dopo 23 anni trascorsi in cella. L’anziano boss era stato condannato per mafia e ha alcune condanne all’ergastolo per tre omicidi.

Ama il figlio tanto che lo vuole proteggere da un nuovo arresto. Tentativo non riuscito visto che anche U Nico Massimo Mulè è finito in questa nuova inchiesta. “Deve parlare con mio figlio? Deve parlare con me… a mio figlio lo deve lasciare… a me mi arrestano e mi mandano ai domiciliari”, diceva il padre a chi gli chiedeva un incontro con Massimo. Lo avrebbe tenuto a riparo dai rischi. Ma Francesco Mulè era tornato al comando. Il figlio Massimo che attendeva la sentenza d’appello per martedì poteva scappare. “Parlando con te vogliamo partire… glielo lasciamo a lui e tu viene con me, come lo facciamo il viaggio?”, diceva il padre, parlando di un ragazzo che li avrebbe potuti accompagnare fuori città.

Il pizzo a tappetto, “Qua pagano anche le bancarelle Bangladesh”

Il pizzo nel mercato di Ballarò e nella zona della stazione centrale era imposto a tappeto. “Qua pagano tutte le bancarelle, Bangladesh”. A parlare è Massimo Mulè che, secondo la Procura, assieme al padre Francesco, avrebbe retto il clan di Palermo Centro. Tante attività commerciali, tra cui un bar di piazza Magione e un ristorante del Foro Italico e un’edicola in corso Tukory. Tanti pagano in silenzio come hanno sottolineato nel provvedimento di fermo il procuratore aggiunto Paolo Guido ed i sostituti Giovanni Antoci, Luisa Bettiol e Gaspare Spedale con cui sono state fermate oltre ai Mulè anche altre 7 persone. Il pizzo resta – come emerge anche da quest’ultimo blitz dei carabinieri, denominato “Centro” – una risorsa fondamentale per Cosa nostra, assieme alla droga, ma anche allo smercio di sigarette di contrabbando.

E, come già era venuto fuori in altri quartieri in passato, i boss per cercare di evitare problemi avrebbero imposto la tangente costringendo i commercianti ad acquistare i tagliandi per una riffa clandestina. Dalle intercettazioni, però, emerge anche diversi affiliati non avrebbero ritenuto i Mulè i migliori boss possibili anche perché si sarebbero “fottuti i picciuli” e qualcuno rimpiangeva i “bei tempi” in cui c’era Alessandro D’Ambrogio, ora recluso al 41 bis.