“Per noi era fondamentale riuscire a colpire in questo momento storico. Questa coincidenza cronologica a noi fa piacere, da un senso maggiore a questa operazione perché abbiamo colpito un mandamento e alcune famiglie che all’epoca dei fatti tragici avevano una funzione importante, i cui vertici avevano compartecipato appieno all’intera strategia stragista”. Lo ha detto Francesco Messina, capo della direzione centrale Anticrimine incontrando i giornalisti nella sede della squadra mobile di Palermo sull’operazione che ha colpito il clan di Brancaccio

“E non soltanto la famiglia – ha aggiunto – che portò alla morte di magistrati importanti e determinanti, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, e gli agenti delle scorte e anche quello che successe dopo, una vera strategia eversiva. Colpire in questo momento è un segnale che ci fa piacere dare e da più senso a questo momento”.

Capo Anticrimine, non ci fermiamo su Messina Denaro

“Mi fa piacere anche il contributo dell’Arma. Dimostra che lo Stato – Procura, Arma e Polizia – avanza compatto, questa è l’immagine che dobbiamo dare. Questa contemporaneità rispetto a questo momento, che è anche di riflessione, mi consente di dare prova che le forze dell’ordine, l’apparato repressivo, va avanti. Noi non abbiamo nessuna intenzione di fermarci fin quando non porteremo a casa i risultati che dovremo portare, compreso Matteo Messina Denaro. Non deve venire meno l’impegno, poi ci vuole un cambio di cultura, che per la Sicilia comunque è avvenuto. Quello che è stato fatto in questi 30 anni è diventato patrimonio tecnico, un automatismo per l’Italia”. E’ quanto ha detto Francesco Messina, capo della direzione centrale Anticrimine incontrando i giornalisti nella sede della squadra mobile di Palermo.

Le vittime del pizzo non collaborano

“Già lo scorso anno erano emersi momenti di frizione tra la famiglia di Ciaculli e quella di Brancaccio.  Questo credo sia la debolezza di cosa nostra in questo momento. In questi anni ha perso la forza che aveva dal punto di vista organizzativo, non solo militare. Dalle indagini sul campo emerge che Ciaculli è diventato preminente rispetto a Brancaccio, lo si capisce dalle intercettazioni e dai dialoghi degli  appartenenti all’organizzazione mafiosa che si trovano un po’ a disagio rispetto a questo cambiamento”. E’ quanto ha detto Francesco Messina, capo della direzione centrale Anticrimine incontrando i giornalisti nella sede della squadra mobile di Palermo.

“Di fatto Ciaculli, Brancaccio, Roccella, Corso dei Mille  sono strutture ancora forti dal punto di vista del controllo del territorio. Perché la pratica a tappeto delle estorsioni e il comportamento dell’estorto, che ci riporta indietro nel tempo visto che addirittura collabora con chi lo estorce, segnalandogli situazioni critiche e rendendoci più difficoltose le nostre attività di monitoraggio. In alcuni casi la vittima dell’estorsione si presenta direttamente per la messa a posto. Sono tutti comportamenti che ci dispiace vedere. Questo vuol dire che cosa nostra ha ancora una sua forza. Non credo che siamo distanti da un contenimento delle dinamiche che ci può far pensare a un’eradicazione. Nel tempo, abbiamo fatto veramente grandi passi avanti, cosa nostra rispetto alle altre grandi organizzazioni criminali, ha perso molto di quella potenza, non solo militare. Il lavoro da fare è ancora complesso”.

I tempi per gli estorsori stanno cambiando